venerdì 13 gennaio 2012

LA NUOVA TARIFFA RIFIUTI



Tra le novità ambientali del decreto decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201cosiddetto “Monti”,  si rinviene l’art.14, “Istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi”.
La complessità giuridica del quadro vigente era stata peraltro generata dalla difficoltà di inquadramento della natura dei corrispettivi economici (dapprima Tarsu, poi TIA1, infine TIA2) a fronte del servizio di gestione dei rifiuti, tanto da indurre dapprima la Corte Costituzionale, e successivamente lo stesso legislatore, a chiarire la natura tariffaria e non tributaria della TIA2.
A seguito del ricco dibattito dottrinario, giurisprudenziale e politico sulla c.d. tariffa sui rifiuti, che ha creato non pochi problemi agli enti locali, un tentativo di rielaborazione della tariffa stessa si è avuto recentemente con la RES, in sostituzione della tariffa integrata ambientale  (TIA) di cui all’art. 238 del D.Lgs. 152/2006, nonché delle previgenti, ove ancora applicate, tariffa di igiene ambientale prevista dall’art. 49 del D.Lgs 22/1997 e della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) di cui al capo III del D.Lgs. 507/1993. Un tributo pensato nell’attuazione del federalismo fiscale municipale (art.14, comma 7 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n.23), che riguardava non solo i rifiuti, ma anche i servizi indivisibili (illuminazione, manutenzione, pulizia delle strade, etc.), quindi anch’esso legata alla detenzione, occupazione, possesso (a qualsiasi titolo) di un locale o aree presuntive di produzione di rifiuti secondo quantità e qualità medie ordinarie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte. Rimanevano possibili le ipotesi di esenzioni e riduzioni tramite previsione regolamentare dei Comuni. Le realtà che avevano avviato sistemi di misurazione cosiddetti “puntuali” potevano applicare una tariffa avente natura corrispettiva. Un elemento nuovo riguardava una sorta di esonero per situazioni di particolare disagio economico e sociale.
Ora, nel testo del decreto legge n. 210/2011 si è elaborata una fattispecie tariffaria che cerca di recuperare le innovazioni emerse con la RES e la previgente disciplina.
Di seguito il testo dell’art. 14 in esame, accompagnato, laddove si è ritenuto necessario, da un breve commento nel quale si cercano di individuare, senza pretese di esaustività, le questioni rilevanti e le problematiche riscontrabili in sede di attuazione della norma.

 “1. A decorrere dal 1° gennaio 2013 è istituito in tutti i comuni del territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni”.
La norma in esame farebbe rientrare nel regime di privativa dei comuni solo l’attività di smaltimento dei rifiuti, riconoscendo la gestione privata dei servizi indivisibili.
Quanto disposto segue l’attuale tendenza legislativa (salvo che per il settore idrico) che muove verso la privatizzazione non solo dei soggetti, ma anche delle attività svolte dalle società pubbliche.
Mentre il sistema pubblico appare tradizionalmente organizzato e strutturato in modo tale da fronteggiare le problematiche igienico-sanitarie connesse allo smaltimento dei rifiuti pubblici, l’attività di recupero dei rifiuti risulta più confacente e ambita dalle logiche del mercato.  
Ciò non elimina il possibile insorgere di dubbi e controversie sul significato di “servizi indivisibili”, che non equivarrebbero al solo recupero dei rifiuti.

“2. Soggetto attivo dell’obbligazione tributaria è il comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo”.

“3. Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani”.
Sostanzialmente,  la disposizione ricalca la disciplina della Tarsu, tuttavia, il termine suscettibilità presenta elementi di criticità e necessita di chiarimenti. Ciò che appare emergere dalla norma è una sorta di presunzione legata alla produzione dei rifiuti. Nella disciplina della Tarsu, l’art.62 (presupposto della tassa ed esclusioni) del D.Lgs. n. 507/1993, al comma 2 stabiliva: “Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno”. Una norma di tal genere manca nell’attuale disciplina tariffaria.
Si veda però anche il comma 9 della disposizione in esame, nel quale la commisurazione del nuovo tributo (per la parte rifiuti) avviene per le quantità –qualità medie ordinarie prodotti.
Forse si deve intendere che la suscettibilità sia riferita a situazioni (come locali detenuti ma non abitati, però arredati e allacciati alle utenze elettriche,acqua, etc.) per le quali comunque l’utente è tenuto al pagamento del tributo (in base alla superficie), quantomeno per una certa quota (vi è poi, la possibilità di introdurre esenzioni e riduzioni in sede regolamentare da parte del Comune), mentre la tariffa ordinariamente viene calcolata su rifiuti prodotti (non presuntivamente prodotti per il solo mero disporre di una superficie rientrante nella fattispecie di assoggettamento).

“4. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva”.

“5. Il tributo è dovuto da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui ai commi 3 e 4 con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse.

6. In caso di utilizzi temporanei di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, il tributo è dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie”.

“7. Nel caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo”.

“8. Il tributo è corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria”.

“9. La tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati con il regolamento di cui al comma 12. Per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, la superficie assoggettabile al tributo è pari all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138. Per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell'Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, gli intestatari catastali provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l'eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento. Per le altre unità immobiliari la superficie assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile”.

“10. Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente”.

Il comportamento del produttore (come quello del detentore) di rifiuti speciali per uno scorretto trattamento dei propri rifiuti è già sanzionato dal Codice Ambientale.

“11. La tariffa e' composta da una  quota  determinata  in  relazione alle componenti essenziali del costo del  servizio  di  gestione  dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata  alle  quantita'  di rifiuti conferiti, al servizio fornito e  all'entita'  dei  costi  di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di  investimento  e  di  esercizio.   La   tariffa   e'   determinata ricomprendendo anche i costi  di  cui  all'articolo  15  del  decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
 E’ chiaro che sarà sempre il Regolamento del comma 12 a dettagliare per bene questi aspetti.

“12. Con regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri per l’individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa. Il regolamento emanato ai sensi del primo periodo del presente comma si applica a decorrere dall’anno successivo alla data della sua entrata in vigore. Si applicano comunque in via transitoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino alla data da cui decorre l’applicazione del regolamento di cui al primo periodo del presente comma, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158

“13. Alla tariffa determinata in base alle disposizioni di cui ai commi da 8 a 12, si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione fino a 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell’immobile e della zona ove è ubicato.

“13-bis. A decorrere dall'anno 2013 il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al gettito derivante dalla maggiorazione standard di cui al comma 13 del presente articolo. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito di cui al precedente periodo”.

E’ chiaro che il maggior gettito comunale rinveniente dall’applicazione dello 0,30/mq troverà decurtazione dal gettito statale (quindi lo Stato qui considera delle riduzioni di stanziamenti di bilancio per gli anni futuri, ma ciò evidentemente è dovuto solo al fatto che queste somme vengono spostate dalla fiscalità statale a quella comunale, dove la redistribuzione del tributo segue un criterio patrimoniale (della superficie connessa alla articolazione da darsi alle categorie catastali, agli usi, ecc).
Maria Giovanna Laurenzana

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