domenica 24 giugno 2012

Responsabilità per danno all'ambiente.

L’evoluzione del quadro normativo in materia di responsabilità per danno all’ambiente: la disciplina comunitaria (dir.2004/35/CE) e la parte VI del D.lgs 152/2006.

Alla base della normativa italiana sul danno ambientale troviamo la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. La finalità: introduzione di un regime di prevenzione e riparazione del danno ambientale.
1° considerando: la direttiva afferma che la prevenzione e la riparazione, nella misura del possibile, del danno ambientale contribuiscono a realizzare gli obiettivi ed i principi della politica ambientale comunitaria, stabiliti nel trattato.
2° considerando: prevenzione e riparazione “dovrebbero essere attuate applicando il principio chi inquina paga e coerentemente con il principio dello sviluppo sostenibile”.

Art. 1: la direttiva istituisce un quadro per l responsabilità ambientale, basato sul principio “chi inquina paga”, per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale.
Principi informatori:
-         principio di prevenzione,
-         no indennizzo ai privati,
-         principio di ragionevolezza.

Principio di prevenzione:
2° considerando “…l’operatore la cui attività ha causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno sarà considerato finanziariamente responsabile.
In tal modo si riducono gli operatori ad adottare misure e a sviluppare pratiche atte a ridurre al minimo i rischi di danno ambientale.
Art.5: azione di prevenzione misure prese per reagire a un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o minimizzare tale danno. Il relativo onere grava sull’operatore che “nel caso i cui il danno ambientale non si è verificato ma esiste una minaccia imminente che si verifichi” deve, senza indugio, adottare le misure di prevenzione necessarie, è fatta salva, in qualunque momento, la facoltà dell’autorità competente di chiedere informazioni all’operatore su minacce imminenti di danno ambientale o su casi sospetti, chiedere all’operatore di riprendere le misure i prevenzione necessarie, dare all’operatore le istruzioni da seguire riguardo alle misure di prevenzione necessarie da adottare, adottare essas tessa le misure di prevenzione necessarie.
Art.6:azioni di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un’alternativa equivalente a tali risorse e servizi come previsto nell’allegato II.
La previsione di misure di riparazione intende garantire che l’ambiente danneggiato sia riportato alle condizioni originarie, attraverso la previsione di apposite misure.
E’ previsto un sistema piramidale che gradua il tipo di intervento distinguendo tra:
-         riparazione primaria: diretti a riportare le risorse naturali ed i servizi danneggiati alle condizioni originarie;
-         riparazione complementare: ottenere un livello di risorse naturali e servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se l sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie;
-         riparazione compensativa: nel caso in cui risulti necessario apportare ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in sito alternativo.   
 Altri principi informatori: art. 3 par. 3 la nuova disciplina, ferma restando la pertinente legislazione nazionale, non conferisce ai privati un diritto ad essere indennizzati in seguito ad un danno ambientale o ad una minaccia imminente di tale danno.

Principio generale di ragionevolezza:
-         1° considerando: “prevenzione e riparazione, nella misura del possibile, del danno ambientale”.
-         3° considerando: “riparazione del danno ambientale a costi ragionevoli per la società” attraverso un richiamo al principio di proporzionalità.
-         6° considerando: “si dovrebbe tuttavia tenere conto di situazioni specifiche in cui la legislazione comunitaria o quella nazionale equivalente consentano deroghe a livello di protezione stabilito per l’ambiente”.
Art. 3: ambito di applicazione:
-         ipotesi di responsabilità oggettiva: danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell’allegato II e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di dette attività.
-         Richiesto requisito minimo della colpa: danno alle specie e agli habitat naturali protetti causato da una delle attività professionali non elencate nell’allegato III e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di una delle dette attività.
     Art. 17: principio di irretroattività: applicazione della direttiva nel tempo.
             Le disposizioni contenute nella direttiva non si applicano:
-         al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi prima del 30 aprile 2007 (data di entrata in vigore della direttiva);
-         al danno verificatosi dopo la medesima data, se derivante da una specifica attività posta in essere e terminata prima di tale data;
-         al danno in relazione al quale siano passati più di 30 anni dall’emissione,evento o incidente che l’ha causato.


Nel d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 le norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente sono contenute nella parte VI:
-         artt. 299-310: disciplina attuativa della direttiva, applicabile ai soli esercenti attività professionali sottoposte a regolamentazione amministrativa in quanto pericolose per la salute (solo all’operatore considerato come qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata che esercita o controlla un’attività professionale avente rilevanza ambientale (art. 302, comma 4).
-         Artt. 311 e ss.: disciplina applicabile a chiunque, volta a rendere più efficiente la previgente disciplina dell’art. 18 legge 349/1986 di portata generale. Possibilità per il Ministero dell’Ambiente di chiedere, in via giudiziale o attraverso un’ingiunzione amministrativa, una somma di denaro a titolo di risarcimento danni all’autore dell’illecito che non ha provveduto al ripristino.

Esclusioni:
-         danno per il quale siano trascorsi più di 30 anni dall’emissione, dall’evento o dall’incidente che l’hanno causato;
-         ipotesi di inquinamento di carattere diffuso se non è possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l’attività dei singoli operatori;
-         situazioni  inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia, salvo che, all’esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale.

Principio di prevalenza del risarcimento in forma specifica (bonifica) rispetto a quello per equivalente sancito dall’art. 311, esistenza di un ordine progressivo logico- giuridico tra ripristino dello stato dei luoghi e risarcimento in forma pecuniaria per equivalente.
Art. 311 azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale.
È previsto un ordine gerarchico nel risarcimento del danno:
- risarcimento in forma specifica (ripristino);
- misure complementari o compensative di cui alla direttiva 2004/35/CE;
- risarcimento per equivalente.

È necessario adeguare la normativa italiana alla direttiva 2004/35/CE anche a fronte della procedura di infrazione 2007/4679 avviata dalla commissione nei confronti del nostro paese. Con tale procedura di infrazione la Commissione ha rappresentato la violazione, sotto vari profili, da parte della normativa interna dei principi posti dalla direttiva. Tali profili di incompatibilità riguardano:
-mancata previsione di ipotesi di responsabilità oggettiva, obbligo di riparazione per  soli danni causati da comportamenti dolosi o colposi (art. 311 comma 2).
- ammissibilità, tra le forme di riparazione consentite, del risarcimento per equivalente patrimoniale.
Applicazione parziale dei principi di derivazione comunitaria in materia di imputazione, quantificazione e risarcimento del danno ambientale.

L’unico ente legittimato ad essere risarcito e ad acquisire i relativi crediti con vincolo di destinazione ad apposito fondo di rotazione per il finanziamento degli interventi di risanamento delle aree danneggiate è lo Stato in persona del Ministero dell’Ambiente. Esiste però una legislazione passiva per la responsabilità del danno da ritardo nell’adozione delle misure necessarie. Le Regioni, province ed enti locali possono presentare denunce ed osservazioni, e sono legittimati ad agire per l’annullamento degli adottati in violazione delle norme di protezione ambientale e per il risarcimento danni da ritardo nell’attivazione.  

Nella legislazione statunitense: il CERCLA (Comprehensive Environmental Response, Compensation and Liability Act) prevede una responsabilità di tipo oggettivo, solidale e retroattiva nei confronti del potentially responsible parties. Si tratta di una disciplina molto rigorosa per la quale i produttori saranno responsabili oltre che per i costi di clean up, anche per i danni arrecati alle risorse naturali (natural resources damages) e gli unici casi in cui non saranno responsabili sono quelli di forza maggiore, guerra, atto vandalico.
Rosanna Carbotti

martedì 12 giugno 2012

RIFIUTI ABBANDONATI NELLE PIAZZOLE DI SOSTA: IL COMUNE PUO' CHIEDERE ALL'ENTE PROPRIETARIO DEL TRATTO STRADALE DI RIMUOVERLI. Consiglio di Stato n.3256/2012

"Ai sensi dell'art. 14 del Codice della Strada spetta agli enti proprietari (e ai concessionari delle autostrade) provvedere alla loro manutenzione, gestione e pulizia, comprese le loro pertinenze e arredo, nonchè attrezzature, impianti e servizi e quindi, non  limitatamente alo solo manto stradale, ma anche alle piazzole di sosta, onde siano garantite la sicurezza e la fluidità della circolazione". 

Questo è quanto stabilito in una recente sentenza del Consiglio di Stato, il quale, richiamando la precedente giurisprudenza in materia, ha accolto l'appello del Comune di Morcone, che aveva emesso un'ordinanza nei confronti della provincia di Benevento per la rimozione di rifiuti (eternit mischiato a terriccio) abbandonati da ignoti su una piazzola di sosta situata su un tratto stradale provinciale.
Il Tribunale amministrativo della regione Campania, accogliendo il ricorso della Provincia, aveva annullato la predetta ordinanza rilevando che l'ordine di rimozione e lo smaltimento dei rifiuti non rientrerebbero nel generale obbligo di pulizia delle strade per la sicurezza e fluidità della circolazione. Il Tar inoltre specificava che il rapporto di genus a specie intercorrente tra il Codice della Strada e il Codice dell'ambiente, varrebbe solo ai fini della fluidità e sicurezza della circolazioni (che non interesserebbe il caso di specie).
Il Consiglio di Stato, smentendo quanto asserito nella sentenza di primo grato, afferma " è stato puntualmente osservato (Cass. S. U. 25 febbraio 2009 n.4472) che, seppure per un verso non può negarsi che l'art. 14 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, oggi sostituito dall'art. 192 del D. Lgs 3 aprile 2006 n. 152, preveda la corresponsabilità solidale del proprietario o del titolare di diritti personali o reali di godimento sull'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, con il conseguente suo obbligo di provvedere allo smaltimento e al ripristino, solo in quanto la violazione sia imputabile a quei soggetti a titolo di dolo o colpa (in termini C.d.S sez V 26 gennaio 2012 n. 333; 22 marzo 2011 n.46 73; 16 luglio 2010 n.4614)per altro verso “esigenze di tutela ambientale sottese alla predetta norma rendono evidente che il riferimento è a chi è titolare di diritti reali o personali di godimento va inteso in senso lato, essendo destinato a comprendere qualunque soggetto si trovi con l’area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stessa imporgli – di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l’area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell’ambiente”; è stato poi sottolineato che “…il requisito della colpa postulato da detta norma ben può consistere proprio nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficacia custodia e protezione dell’area, così impedendo che possano essere indebitamente depositati rifiuti nocivi”
Per quanto riguarda il tratto stradale in oggetto, il Consiglio di Stato ritiene che, non essendo stato contestata l’appartenenza all’Amministrazione Provinciale di Benevento della strada denominata “Circumlacuale” (che collega la S.P. Morcono – Cuffiano S.P. ex S.S. 625, espressamente classificata quale strada provinciale ai sensi del decreto dirigenziale n. 142 del 21 luglio 2009 della Regione Campania), sulla cui piazzola di sosta il Comune di Morcone ha accertato l’abbandono di materiale, precisamente eternit mischiato a terriccio, non può negarsi che la predetta Amministrazione provinciale avrebbe dovuto adottare tutte le misure e cautele opportune e necessarie quanto meno per eliminare tali rifiuti, di cui peraltro non può neppure negarsi la pericolosità oltre che per l’ambiente, anche per la stessa circolazione stradale, tale obbligo derivando direttamente dall’obbligo di custodia connesso alla proprietà/appartenenza della strada, oltre che dalla previsione dell’art. 14 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, secondo cui gli enti proprietari delle strade devono provvedere, tra l’altro, alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi.
Mentre con il richiamo all’articolo 14 del Codice della strada è stata indicata la norma violata e dunque il fondamento giuridico della contestazione oggetto dell’ordinanza impugnata, con il richiamo al Codice dell’ambiente è stato invece individuato il fondamento del potere e la legittimazione dell’organo che lo ha esercitato, nonché le procedure da adottare per l’attuazione dell’ordinanza stessa, non sussistendo così tra i due complessi normativi alcuna contraddizione e incompatibilità cui genericamente ha fatto riferimento l’amministrazione appellata; del resto, diversamente opinando non solo la norma dell’art. 14 del Codice della Strada sarebbe di fatto priva di sanzione, non essendo ivi indicata l’autorità preposta all’accertamento della violazione degli obblighi, per quanto nel caso di rifiuti abbandonati sulle aree stradale (e loro pertinenze) non troverebbero tutela alcuna né gli interessi ambientali, né quelli alla sicurezza della circolazione.
per consultare il testo della sentenza cliccare qui
lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.