venerdì 13 gennaio 2012

IL CASO RIFIUTI DI NAPOLI AGLI OCCHI DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO


Essere costretti a vivere in mezzo ai rifiuti costituisce una violazione del diritto alla salvaguardia della vita privata e familiare del cittadino.
Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo, chiamata a giudicare la vicenda di 18 persone, 13 delle quali residenti a Somma Vesuviana.
Tra l'11 febbraio 1994 e il 31 dicembre 2009, i cittadini campani in questione hanno vissuto in piena emergenza rifiuti e sono stati obbligati, a causa della mancanza di provvedimenti efficaci da parte del Governo italiano, ad abitare in condizioni disagiate, circondati dall'immondizia. I giudici di Strasburgo hanno condannato duramente lo Stato italiano: i cittadini non possono essere costretti a vivere in mezzo ai rifiuti senza negare loro il diritto alla salvaguardia della vita familiare e privata. Il Governo dello Stivale, secondo la delibera della Corte europea dei diritti dell'uomo, è stato incapace di gestire la situazione: i giudici hanno rilevato un atteggiamento di immobilità e inettitudine delle istituzioni in questo ambito, elementi che hanno condotto alla violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
La Corte ha così accolto parzialmente il ricorso avanzato  nel 2008 dai 18 cittadini, sottolineando la grave situazione determinata dall'incapacità “prolungata delle autorità italiane ad assicurare il funzionamento regolare del servizio di raccolta, trattamento e eliminazione dei rifiuti”. Il Governo, inoltre, non ha dato ai richiedenti la possibilità di ricorrere in tribunale contro la situazione. I ricorrenti, i quali a Strasburgo hanno sostenuto le colpe dello Stato italiano, affermando che esso aveva lasciato che l'emergenza rifiuti degenerasse senza prendere le adeguate misure, sono stati soddisfatti dalla pronuncia solo in parte. I cittadini campani, infatti, chiedevano che venisse riconosciuto il fatto che il Governo avesse anche mancato di avvisare i residenti in merito ai possibili danni alla salute conseguenti all'esposizione diretta e prolungata ai cumuli di rifiuti. La seconda sezione di Strasburgo, tuttavia, non ha rilevato assenza o occultamento di informazioni da parte del Governo; nessuno dei ricorrenti, oltretutto, ha riportato danni personali alla salute legati all'esposizione ai rifiuti e, ha chiarito la Corte, anche gli studi scientifici presentati dalle parti sono discordanti. Con queste motivazioni ai cittadini è stato negato l'indennizzo di 15mila euro richiesto per risarcire i danni morali, ma i giudici hanno stabilito che lo Stato italiano dovrà rimborsare almeno le spese legali sostenute dai ricorrenti. La pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo non è definitiva: entro tre mesi i ricorrenti potranno decidere di presentare ricorso in appello alla Grand Chambre.
Maria Giovanna Laurenzana

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