lunedì 21 maggio 2012

Il progetto Enel di conversione a carbone della centrale termoelettrica a olio combustibile di Porto Tolle.



Venerdì 20 aprile è stata emessa la sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato che respinge per inammissibilità il ricorso con cui la Regione Veneto ha chiesto di revocare la sentenza dello stesso Consiglio di Stato del 17 maggio 2011. In quella pronuncia è stato dichiarato illegittimo il decreto del Mistero dell’Ambiente che stabiliva la compatibilità ambientale del progetto Enel di conversione a carbone della centrale termoelettrica a olio combustibile di Porto Tolle, in provincia di Rovigo.

Il passaggio decisivo si avrà il 22 maggio, quando il Consiglio di Stato sarà chiamato a decidere sulla compatibilità della sentenza del maggio 2011 con le norme approvate dalla regione Veneto.

In quella data i giudici si esprimeranno sulla richiesta che l’avvocatura dello stato per conto dei Ministeri dell’Ambiente, Sviluppo e Beni Culturali, ha avanzato per avere delucidazioni sull’applicazione della stessa sentenza di inammissibilità della VIA (valutazione di impatto ambientale) nazionale, al fine di riattivare la procedura. Il pronunciamento è slittato al 22 maggio per superare un vizio di notifica  nei confronti dell’Enel.

La richiesta di delucidazione (giudizio di ottemperanza) da parte dei ministeri è dettata dalla modifica fatta dalla Regione Veneto della legge istitutiva del Parco Delta del Po; in base alla norma isititutiva del parco del 1997 i giudici avevano bocciato la VIA alla riconversione a carbone. Ma con la modifica della legge del 1997, il Veneto aveva inserito la possibilità di riconvertire a carbone la centrale, in presenza di un abbattimento delle emissioni inquinanti del 50%.

 Venerdì 18 maggio prendendo spunto dal caso di Porto Tolle a Roma presso la sede della Provincia si è tenuto il convegno organizzato da Greenpeace Italia “La produzione elettrica da carbone: impatti, esternalità, danni sanitari. Il caso Enel. Sono intervenuti: il prof. Massimo Scalia (fisica ambientale presso l’Università La Sapienza di Roma), Fleur Schele (SOMO centre for research on Multinational Corporations) Laury Myllyvirta (Greenpeace International) Andrea Boraschi (campagna clima ed energia Greenpeace Italia) Giuseppe Onufrio (direttore esecutivo di Greenpeace Italia).


Nel novembre 2011 l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha pubblicato uno studio sugli impatti sanitari, ambientali ed economici dell’inquinamento atmosferico dei principali impianti industriali europei. In quella ricerca “Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in Europe”1 – l’EEA presenta una classifica dei 20 impianti industriali più inquinanti, per emissioni atmosferiche, nel nostro continente: al 18esimo posto viene classificata la centrale termoelettrica a carbone Enel Federico II, a Brindisi.

Lo studio EEA fornisce una stima del costo aggregato dei danni sanitari, economici e ambientali di quell’impianto: un importo economico tra i 536 e i 707 milioni di euro, in riferimento ai dati di emissioni del 2009 (fonte registro E-PRTR). Greenpeace Italia ha deciso di utilizzare lo stesso metodo applicato dall’EEA, estendendolo a tutte le centrali termoelettriche a carbone di Enel in Italia e in Europa e a tutte le centrali alimentate con fonti fossili di Enel in Italia.

Lo scopo della ricerca di Greenpeace è di mettere in luce gli impatti e le esternalità che derivano dall’impiego del carbone nella produzione termoelettrica, così come calcolati attraverso la metodologia EEA, facendo riferimento a dati di emissione di fonte istituzionale.

Durante il convegno di venerdì 18 maggio è stato presentato lo studio che Greenpeace Italia ha commissionato all’istituto di ricerca indipendente e non profit SOMO che si può visionare on line sul sito di Greenpeace Italia.
Rosanna Carbotti

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