Come già avvenuto con la sentenza n. 331 del 2010 (impugnazione della legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 30 "Disposizioni in materia di energia nucleare", della legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 "Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L.R. n. 9/2007", e della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010", la Consulta si pronuncia ancora una volta su una legge regionale che dispone in materia di energia e rifiuti nucleari, dichiarandone l'illegittimità parziale.
La disposizione in oggetto è la legge della Regione Molise 21 aprile 2011, n. 7 (Disposizioni in materia di produzione di energia), in particolare l'art. 1 che prevede: "tenuto conto degli elevati rischi connessi alla sismicità ed al dissesto idrogeologico del territorio, è preclusa nella regione, in assenza di intesa con lo Stato, l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, nonché di depositi di materiali e rifiuti radioattivi".
La Regione Molise, con l’art. 1 della legge 27 maggio 2005, n. 22 (Disciplina regionale in materia di rifiuti radioattivi), aveva già vietato il deposito, anche temporaneo, e lo stoccaggio di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale, ad esclusione dei materiali necessari per scopi sanitari e per la ricerca scientifica. Tale legge è stata dichiarata incostituzionale.
Anche in questa occasione la Consulta ribadisce il principio secondo cui nessuna Regione – a fronte di determinazioni di carattere ultraregionale, assunte per un efficace sviluppo della produzione di energia elettrica nucleare – può sottrarsi in modo unilaterale ai conseguenti inderogabili oneri di solidarietà economica e sociale. Ciò vale evidentemente anche per i sacrifici connessi alla procedura di stoccaggio e smaltimento dei materiali e dei rifiuti, la cui disciplina resta vigente indipendentemente dall’impatto sul settore dell’energia nucleare degli esiti del referendum abrogativo, che ha riguardato i commi 1 e 8 dell’art. 5 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della Regione Abruzzo), convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, oggetto del quesito come riformulato dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione con ordinanza 1-3 giugno 2011.
Viene ribadito inoltre che le disposizioni relative al settore dei materiali e rifiuti radioattivi vanno ascritte alla materia, di esclusiva competenza statale, «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.).
Non può rilevare in proposito la ragione secondo cui la prevenzione degli elevati rischi connessi alla sismicità ed al dissesto idrogeologico del territorio molisano sarebbe sufficiente a ritagliare una competenza legislativa in materia assimilabile alle categorie della protezione civile, della salute pubblica o del governo del territorio. Tanto premesso, la Corte Costituzionale ha specificamente negato che la Regione disponga di poteri in campo ambientale alla stregua del titolo di competenza rappresentato dalla «protezione civile», in presenza della competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
La Corte Costituzionale ha altresì escluso la competenza concorrente della Regione in materia di «salute pubblica», affermando che i poteri regionali «non possono consentire, sia pure in nome di una protezione più rigorosa della salute degli abitanti della Regione medesima, interventi preclusivi suscettibili, come nella specie, di pregiudicare, insieme ad altri interessi di rilievo nazionale, il medesimo interesse della salute in un ambito territoriale più ampio, come avverrebbe in caso di impossibilità o difficoltà a provvedere correttamente allo smaltimento di rifiuti radioattivi». Secondo l'orientamento consolidato della Corte Costituzionale, con particolare riferimento a rifiuti pericolosi come quelli radioattivi, il problema dello smaltimento – e, più in generale, del loro deposito e di quello di materiali nucleari, considerate le analoghe esigenze di cautela che pongono – non può essere risolto, alla luce della rilevanza nazionale degli interessi in gioco, sulla base di un criterio di “autosufficienza” delle singole Regioni, poiché occorre tener conto quantomeno della necessità di trovare siti particolarmente idonei per conformazione del terreno e possibilità di collocamento in sicurezza.
Detto altrimenti, secondo quanto asserito nelle diverse pronunce della Consulta, lo smaltimento dei rifiuti radioattivi è un problema di interesse nazionale, per cui la necessità di trovare un sito idoneo a tale duratura, pericolosa e incerta attività non troverebbe alcun ostacolo nelle ragioni delle Regioni.
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