Inceneritori di
rifiuti tra norme attuali e future sulla base del VII Programma d'azione per
l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta".
L’aspetto socio-economico dell’incenerimento
dei rifiuti è, da anni, oggetto di diverse, e spesso conflittuali, opinioni,
non solo tra pubbliche amministrazioni, industriali e ambientalisti, ma tra gli
stessi cittadini, che da sempre manifestano punti di vista favorevoli o contrari
a questo sistema. Ai vantaggi dell’incenerimento dei rifiuti, quali pulizia, igiene,
decoro urbano, costi delle bollette e recupero di energia, si associano,
infatti, gravi preoccupazioni per i danni che possono provocare le emissioni di
sostanze inquinanti in atmosfera, nelle acque e nel terreno.
E ` infatti noto da tempo come, a
prescindere dalla fonte e dalla natura dei rifiuti inceneriti, ogni processo di
combustione possa, senza l’utilizzo di adeguate tecnologie, dar luogo ad emissioni
contenenti gas acidi, articolato, metalli pesanti e composti organici altamente
tossici. In particolare, le preoccupazioni degli esperti si sono concentrate su
composti chimici come diossine e furani
che, ad alte concentrazioni, possono produrre effetti cancerogeni per gli
esseri umani e, ad esposizioni prolungate, influire negativamente sulla
riproduzione, lo sviluppo del feto e le facoltà intellettive. A ciò si aggiunge
il pericolo che tali emissioni, prodotte a livello locale, possano contaminare
alimenti, come frutta, latte e carne, esportati e commercializzati in tutta la
Comunità.
Dopo una breve descrizione dell’attività
di questi impianti analizzeremo le norme da cui sono regolati a livello europeo
e nazionale, successivamente quali prospettive a livello europeo con la Proposta di decisione del Parlamento Europeo
e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di azione dell’Unione
in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro
pianeta”.
Gli inceneritori
sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà
come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri.
Negli impianti più
moderni, il calore sviluppato durante la combustione
dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore
(ad esempio per il teleriscaldamento).
Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori
con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatore.
Il termine termovalorizzatore,
seppur di uso comune, è talvolta criticato in quanto sarebbe fuorviante.
Infatti, secondo le più moderne teorie sulla corretta gestione dei
rifiuti gli unici modi per "valorizzare" un rifiuto sono
prima di tutto il riuso e poi il riciclo,
mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice
smaltimento è dunque da preferirsi alla semplice discarica di
rifiuti indifferenziati. Si fa notare che il termine non viene
inoltre mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle
quali si parla solo di "inceneritori". Le principali norme di
riferimento sono la direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti e il decreto
di attuazione dlgs 133/2005.
Le categorie
principali e quantitativamente predominanti di rifiuti inceneribili sono i
rifiuti solidi urbani (RSU) e rifiuti speciali, ma anche fanghi di depurazione.
I materiali inceneribili sono gli inerti.
Prima di procedere
all'incenerimento i rifiuti possono essere trattati tramite processi volti a
eliminare i materiali non combustibili (vetro,
metalli, inerti) e la frazione umida (la materia
organica come gli scarti alimentari, agricoli, ecc.). I rifiuti trattati in
questo modo sono definiti CDR(ovvero combustibile derivato dai rifiuti). Il CDR è una voce particolare di CSS, identificata
attraverso un codice CER (191210 Rifiuti combustibili) e be definita nel
D.lgs.152/2006 (rifiuti speciali).
Secondo la norma UNI EN CEN/TS 15359 il CSS è un
combustibile solido preparato da rifiuti non pericolosi per essere utilizzato
per il recupero energetico in impianti di incenerimento o coincenerimento e
conforme ai requisiti indicati nella norma tecnica
Ricordiamo che è all’esame del Parlamento il
decreto sull’utilizzo dei CSS nei cementifici regolati dalle norme di
coincenerimento, mentre è in corso di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale il
decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, Dlgs
152/2006 ("Cessazione della qualifica di rifiuto"), consente che
alcune tipologie di CSS, a determinate condizioni, "escano" dalla qualifica di rifiuto e divengano
materiale, e possano quindi essere utilizzate, nel rispetto delle condizioni
del regolamento stesso, in alcuni impianti industriali che, per le garanzie
fornite in campo ambientale e tecnico, sono particolarmente idonei a tal fine.
Normativa europea.
La direttiva 2000/76/CE (direttiva
sull’incenerimento dei rifiuti) detta regole precise per la fabbricazione e
il funzionamento degli impianti di combustione dei rifiuti. L’obiettivo della
direttiva è di evitare o di limitare per quanto praticabile gli effetti
negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in
particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni in atmosfera, nel suolo, nella
acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne
risultino. Lo scopo è raggiunto mediante rigorose condizioni di esercizio e
prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limiti di emissione per gli
impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità,
soddisfacendo altresì le prescrizioni della direttiva 75/442/CEE.
Fatto salvo l’art. 4 della
direttiva 75/442/CEE, o l’art. 3 della direttiva 91/689/CEEè previsto il rilascio di un’autorizzazione per ogni
attività di incenerimento, o coincenerimento, di qualsiasi tipo di rifiuto,
pericoloso o non pericoloso. Le domande di autorizzazione contengono una
descrizione delle misure previste per garantire che l’impianto sia progettato e
attrezzato in maniera conforme ai requisiti fissati dalla direttiva, che il
calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è
recuperato per quanto praticabile, ad esempio attraverso la produzione di
calore ed energia combinati, la produzione di vapore industriale o il
teleriscaldamento. Si deve inoltre garantire che i residui siano ridotti al
minimo in quantità e nocività e riciclati ove opportuno, e che lo smaltimento
dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà
effettuato conformemente alla normativa nazionale e comunitaria.
Ogni processo di combustione,
indipendentemente dalla fonte e dalla natura dei rifiuti inceneriti può dar
luogo ad emissioni contenenti gas acidi, articolato, metalli pesanti e composti
organici altamente tossici. Pertanto l’art. 7 stabilisce valori limite di
emissioni in atmosfera, che non devono superare in generale i valori limiti di
emissione previsti dall’Allegato V dei gas di scarico. Per i rifiuti
pericolosi, qualora il 40% del calore liberato da un impianto derivi da questi,
si applicano i valori limiti di emissione di cui all’Allegato V.
L’art. 8 stabilisce indicazioni
particolareggiate per l’evacuazione di acque provenienti dalla depurazione dei
gas di scarico soggette ad autorizzazione rilasciata dalla competente autorità.
La Direttiva n. 2000/76/Ce dal 18
gennaio 2014 sarà integrata nella Direttiva quadro n. 2010/75/Ce sulle
emissioni industriali insieme ad altre sei direttive.
Normativa
italiana.
Con il decreto
legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (emanato in attuazione della delega recata dalla legge 31 ottobre 2003, n.
306 – Legge comunitaria 2003), l’Italia ha recepito, sia pure in ritardo, la
direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000
sull'incenerimento dei rifiuti.
La mancata attuazione della
direttiva entro il termine ultimo del 28 dicembre 2002 ha condotto alla
condanna dello Stato italiano con la sentenza 2 dicembre 2004 (causa C/97/04).
L’articolo
1 del d.lgs. n. 133/2005 specifica che il campo
di applicazione del decreto comprende sia gli impianti destinati
all'incenerimento dei rifiuti che quelli di "coincenerimento" dei
rifiuti.
Tale decreto consente quindi di
colmare il vuoto normativo relativo al coincenerimento di rifiuti non
pericolosi, causato dal fatto che il D.M. n. 503 del 1997 disciplina solamente
il procedimento di incenerimento dei rifiuti urbani, speciali non pericolosi e
di taluni rifiuti sanitari, non prevedendo norme relative al coincenerimento.
In materia di rifiuti pericolosi
il processo di coincenerimento è invece ricompreso nel procedimento di
incenerimento nel D.M. n. 124 del 2000.
L’articolo 1 del decreto illustra le finalità del decreto stesso, che
“stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per
quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento
dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del
suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché i rischi per la salute
umana che ne derivino”.
Per la realizzazione di tali finalità, il decreto
disciplina:
§ i valori limite di emissione
degli impianti di incenerimento e di coincenerimento;
§ i metodi di campionamento, di
analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dai citati impianti;
§ i criteri e le norme tecniche
generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le
condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento
dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una
elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento
e dal coincenerimento dei rifiuti;
§ i criteri temporali di
adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti
esistenti alle disposizioni del decreto stesso.
Dalla
lettura dell’articolo 2 (definizioni) si evince che il criterio distintivo
delle due tipologie di impianti considerate
nel decreto n. 133 risiede nella finalità prevalente dell’impianto:
Impianti di incenerimento: se è destinato al trattamento
termico di rifiuti ai fini dello smaltimento (con o senza recupero del calore
prodotto dalla combustione
Impianto di coincenerimento se è destinato alla produzione
di energia o di prodotti e materiali. In tale contesto si realizza
coincenerimento allorquando i rifiuti vengono utilizzati come combustibile
normale o accessorio oppure quando, nel corso del processo produttivo, si ha un
trattamento termico di rifiuti ai fini di un loro smaltimento.
Nel testo della direttiva
2000/76/CE le procedure autorizzatorie di entrambe le tipologie di impianto
(incenerimento e coincenerimento) sono disciplinate dallo stesso articolo (art.
4); nel d.lgs. n. 133/2005 sono presenti invece due distiniti articoli (artt. 4
e 5), che contengono tuttavia numerose disposizioni comuni. In particolare, in
entrambi gli articoli viene fatta salva l’applicazione della normativa in
materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA) di recepimento della
direttiva 96/61/CE (cd. IPPC) e dei pertinenti articoli del decreto n. 22/1997
(cd. decreto Ronchi).
La principale differenza (sottolineata dalla diversa titolazione degli
articoli) consiste nel fatto che nell’art. 5, dedicato al coincenerimento,
viene disciplinata solo l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto e non
anche, come invece accade per l’art. 4 dedicato all’incenerimento, quella
relativa alla costruzione dell’impianto.
Con il d.lgs. n. 133/2005 viene
disciplinato in maniera puntuale il controllo
della qualità delle acque provenienti dalla depurazione dei gas di scarico
(artt. 10 e 12), non specificamente previsto dai D.M. n. 503/1997 e n. 124/2000.
Il controllo in continuo sulle
emissioni gassose, previsto dal D.M. n. 503/1997 solo per l’incenerimento,
viene esteso dal decreto n. 133 (art. 11) anche alle attività di
coincenerimento.
Un’altra novità, che deriva
dall’emanazione del regolamento (CE) n. 1774/2002,
è rappresentata dalla possibilità
(contemplata dall’art. 6) di incenerire
o coincenerire sottoprodotti di origine animale (cd. farine animali) nell’ambito delle procedure semplificate previste
dagli artt. 31 e 33 del decreto Ronchi, opzione non prevista dai D.M. 5
febbraio 1998 e D.M. n. 161/2002.
Un’ulteriore novità è
rappresentata dalla fissazione di uguali
limiti di emissione per rifiuti pericolosi e non pericolosi, come viene
chiarito nel paragrafo seguente.
I valori limite di emissione nell’atmosfera previsti negli allegati 1
(relativo all’incenerimento) e 2 (riferito al coincenerimento) del d.lgs. n.
133/2005 recepiscono quelli previsti dall’allegato V e II della direttiva
2000/76/CE, che sono sostanzialmente uguali a quelli della direttiva 94/67/CE
sull’incenerimento dei rifiuti pericolosi (recepita nell’ordinamento italiano
con il D.M. n. 124/2000), ad eccezione dell’introduzione dei limiti per le
emissioni atmosferiche di ossidi di azoto (già previsti, comunque, dalla
normativa italiana). Tali limiti si applicano non solo ai rifiuti pericolosi ma
anche a quelli non pericolosi, secondo quanto chiarito nel 16° considerando
delle premesse alla direttiva 2000/76/CE. Nel citato considerando, infatti, si
legge che “La distinzione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi si basa
essenzialmente sulle loro diverse caratteristiche prima dell'incenerimento o
del coincenerimento, e non sulle diverse emissioni provocate. All'incenerimento
o al coincenerimento dei rifiuti, pericolosi o meno, dovrebbero applicarsi gli
stessi valori limite di emissione, pur prevedendo tecniche e condizioni di
incenerimento o coincenerimento diverse e misure di controllo diverse al
momento della ricezione dei rifiuti”.
Il confronto con i limiti previsti
dalla normativa nazionale previgente evidenzia una sostanziale invarianza,
salvo rare eccezioni, rispetto ai valori recati dal D.M. n. 124/2000 (All. 1) e
dal D.M. n. 503/1997 (All. 1) per quanto riguarda le emissioni in atmosfera – e
nei confronti di quelli previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5, punto 4, del
d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152
relativamente all’emissione negli scarichi di acque reflue derivanti dalla
depurazione degli effluenti gassosi.
Proposta
di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un
programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro
pianeta”.
Lo scorso 20 aprile 2012 il
Parlamento europeo ha presentato il Piano di revisione del VI Programmad’azione UE sull’Ambiente (PAA) e le linee
guida per il futuro VII Programma, invitando la Commissione a disporre la
propria normativa verso una maggiore protezione della biodiversita` e obiettivi
piu` ambiziosi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti.
In tal senso, il Piano prevede:
a) limiti piu` severi di
sfruttamento delle risorse naturali e boschive e delle attivita` di pesca,
agricoltura e allevamenti intensivi per il
controllo dei cambiamenti climatici;
b) drastiche riduzioni alla
produzione dei rifiuti, seguiti dal divieto di incenerimento di quelli
riciclabili o soggetti a compostaggio ed infine
dallo smaltimento in discarica.
La Commissione europea ha varato
il 29 novembre 2012 la proposta di direttiva di approvazione del settimo
Programma d'azione per l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro
pianeta" che lancia le sfide da raggiungere e gli obiettivi da qui al
2020.
Il settimo Programma d'azione sostituisce il sesto (scaduto a luglio 2012) e
dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Fondato sul
principio "chi inquina paga", sul principio di precauzione e di azione
preventiva e su quello di riduzione dell'inquinamento alla fonte, il Programma
definisce un quadro generale per la politica ambientale fino al 2020,
individuando nove obiettivi prioritari da realizzare.
I nove obiettivi sono: 1. proteggere, conservare e migliorare il capitale
naturale dell'Unione; 2. trasformare l'Unione in un'economia a basse emissioni
di carbonio; 3. proteggere i cittadini da pressioni e rischi ambientali per la
salute e il benessere; 4. sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione Ue
in materia di ambiente; 5. migliorare le basi scientifiche della politica
ambientale; 6. garantire investimenti a sostegno delle politiche in materia di
ambiente e clima, al giusto prezzo; 7. migliorare l'integrazione ambientale e
la coerenza delle politiche; 8. migliorare la sostenibilità delle città
dell'Ue; 9. aumentare l'efficacia dell'azione Ue nell'affrontare le sfide
ambientali a livello regionale e mondiale.
Con la proposta di decisione del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di
azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”nello specifico per
il settore rifiuti, il Parlamento europeo propone regole ulteriori rispetto al
VI PAA, al fine di garantire la piena attuazione della normativa comunitaria e,
soprattutto, il punto 37 e 38 prevedono:
“Vi è inoltre un grande potenziale di
miglioramento della gestione dei rifiuti nell'UE per giungere a un miglior
utilizzo delle risorse, aprire nuovi mercati, creare posti di lavoro e ridurre
la dipendenza dalle importazioni di materie prime, consentendo di ridurre gli
impatti ambientali54. Ogni anno nell'UE si generano 2,7miliardi di tonnellate
di rifiuti, di cui 98 milioni di tonnellate sono rifiuti pericolosi. In
mediasolo il 40% dei rifiuti solidi viene riutilizzato o riciclato, il resto
finisce nelle discariche o è destinato all'incenerimento. Alcuni Stati membri
riciclano oltre il 70% dei rifiuti, dimostrando così che è possibile
utilizzarli come una risorsa fondamentale nell'UE. Al contempo in molti Stati
membri il 75% dei rifiuti municipali è destinato alle discariche.
38. Trasformare i rifiuti in una
risorsa, come invocato nel quadro della tabella di marcia verso un'Europa
efficiente nell'impiego delle risorse, richiede una piena applicazione della
legislazione UE sui rifiuti in tutta l'Unione, basata su un'applicazione
rigorosa della gerarchia dei rifiuti e che disciplini i diversi tipi di
rifiuti55. Sono pertanto necessari ulteriori sforzi per: ridurre la produzione
di rifiuti pro capite in termini assoluti, limitare il recupero energetico di
materiali non riciclabili, dismettere le discariche, garantire un riciclaggio di
elevata qualità e sviluppare dei mercati per materie prime secondarie. I
rifiuti pericolosi dovranno essere gestiti in modo tale da minimizzare gli
effetti dannosi per la salute umana e l'ambiente, così come concordato in
occasione del vertice di Rio+20. Per raggiungere questo proposito è
auspicabile che in tutta l'UE si ricorra in maniera più sistematica a
strumenti di mercato che favoriscano la prevenzione, il riciclaggio e il
riutilizzo. È opportuno rimuovere gli ostacoli alle attività di riciclaggio
nel mercato interno dell'UE e riesaminare gli obiettivi esistenti in materia di
prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero e di alternative alla discarica
per progredire verso un'economia "circolare", con un uso senza
soluzione di continuità delle risorse e rifiuti residui quasi inesistenti.
Rosanna carbotti
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