sabato 2 marzo 2013

Inceneritori di rifiuti tra norme attuali e future sulla base del VII Programma d'azione per l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta".


Inceneritori di rifiuti tra norme attuali e future sulla base del VII Programma d'azione per l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta".  

L’aspetto socio-economico dell’incenerimento dei rifiuti è, da anni, oggetto di diverse, e spesso conflittuali, opinioni, non solo tra pubbliche amministrazioni, industriali e ambientalisti, ma tra gli stessi cittadini, che da sempre manifestano punti di vista favorevoli o contrari a questo sistema. Ai vantaggi dell’incenerimento dei rifiuti, quali pulizia, igiene, decoro urbano, costi delle bollette e recupero di energia, si associano, infatti, gravi preoccupazioni per i danni che possono provocare le emissioni di sostanze inquinanti in atmosfera, nelle acque e nel terreno.

E ` infatti noto da tempo come, a prescindere dalla fonte e dalla natura dei rifiuti inceneriti, ogni processo di combustione possa, senza l’utilizzo di adeguate tecnologie, dar luogo ad emissioni contenenti gas acidi, articolato, metalli pesanti e composti organici altamente tossici. In particolare, le preoccupazioni degli esperti si sono concentrate su composti chimici come diossine e furani che, ad alte concentrazioni, possono produrre effetti cancerogeni per gli esseri umani e, ad esposizioni prolungate, influire negativamente sulla riproduzione, lo sviluppo del feto e le facoltà intellettive. A ciò si aggiunge il pericolo che tali emissioni, prodotte a livello locale, possano contaminare alimenti, come frutta, latte e carne, esportati e commercializzati in tutta la Comunità.

Dopo una breve descrizione dell’attività di questi impianti analizzeremo le norme da cui sono regolati a livello europeo e nazionale, successivamente quali prospettive a livello europeo con la Proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”.
Gli inceneritori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri.
Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatore.
Il termine termovalorizzatore, seppur di uso comune, è talvolta criticato in quanto sarebbe fuorviante. Infatti, secondo le più moderne teorie sulla corretta gestione dei rifiuti gli unici modi per "valorizzare" un rifiuto sono prima di tutto il riuso e poi il riciclo, mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice smaltimento è dunque da preferirsi alla semplice discarica di rifiuti indifferenziati. Si fa notare che il termine non viene inoltre mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di "inceneritori". Le principali norme di riferimento sono la direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti e il decreto di attuazione dlgs 133/2005.
Le categorie principali e quantitativamente predominanti di rifiuti inceneribili sono i rifiuti solidi urbani (RSU) e rifiuti speciali, ma anche fanghi di depurazione. I materiali inceneribili sono gli inerti.
Prima di procedere all'incenerimento i rifiuti possono essere trattati tramite processi volti a eliminare i materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli, ecc.). I rifiuti trattati in questo modo sono definiti CDR(ovvero combustibile derivato dai rifiuti). Il CDR è una voce particolare di CSS, identificata attraverso un codice CER (191210 Rifiuti combustibili) e be definita nel D.lgs.152/2006 (rifiuti speciali).
Secondo la norma UNI EN CEN/TS 15359 il CSS è un combustibile solido preparato da rifiuti non pericolosi per essere utilizzato per il recupero energetico in impianti di incenerimento o coincenerimento e conforme ai requisiti indicati nella norma tecnica
Ricordiamo che è all’esame del Parlamento il decreto sull’utilizzo dei CSS nei cementifici regolati dalle norme di coincenerimento, mentre è in corso di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale il decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, Dlgs 152/2006 ("Cessazione della qualifica di rifiuto"), consente che alcune tipologie di CSS, a determinate condizioni, "escano" dalla qualifica di rifiuto e divengano materiale, e possano quindi essere utilizzate, nel rispetto delle condizioni del regolamento stesso, in alcuni impianti industriali che, per le garanzie fornite in campo ambientale e tecnico, sono particolarmente idonei a tal fine.
Normativa europea.
La direttiva 2000/76/CE (direttiva sull’incenerimento dei rifiuti) detta regole precise per la fabbricazione e il funzionamento degli impianti di combustione dei rifiuti. L’obiettivo della direttiva è di evitare o di limitare per quanto praticabile gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni in atmosfera, nel suolo, nella acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino. Lo scopo è raggiunto mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limiti di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità, soddisfacendo altresì le prescrizioni della direttiva 75/442/CEE.
Fatto salvo l’art. 4 della direttiva 75/442/CEE, o l’art. 3 della direttiva 91/689/CEEè previsto  il rilascio di un’autorizzazione per ogni attività di incenerimento, o coincenerimento, di qualsiasi tipo di rifiuto, pericoloso o non pericoloso. Le domande di autorizzazione contengono una descrizione delle misure previste per garantire che l’impianto sia progettato e attrezzato in maniera conforme ai requisiti fissati dalla direttiva, che il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato per quanto praticabile, ad esempio attraverso la produzione di calore ed energia combinati, la produzione di vapore industriale o il teleriscaldamento. Si deve inoltre garantire che i residui siano ridotti al minimo in quantità e nocività e riciclati ove opportuno, e che lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà effettuato conformemente alla normativa nazionale e comunitaria.
Ogni processo di combustione, indipendentemente dalla fonte e dalla natura dei rifiuti inceneriti può dar luogo ad emissioni contenenti gas acidi, articolato, metalli pesanti e composti organici altamente tossici. Pertanto l’art. 7 stabilisce valori limite di emissioni in atmosfera, che non devono superare in generale i valori limiti di emissione previsti dall’Allegato V dei gas di scarico. Per i rifiuti pericolosi, qualora il 40% del calore liberato da un impianto derivi da questi, si applicano i valori limiti di emissione di cui all’Allegato V.
L’art. 8 stabilisce indicazioni particolareggiate per l’evacuazione di acque provenienti dalla depurazione dei gas di scarico soggette ad autorizzazione rilasciata dalla competente autorità.
La Direttiva n. 2000/76/Ce dal 18 gennaio 2014 sarà integrata nella Direttiva quadro n. 2010/75/Ce sulle emissioni industriali insieme ad altre sei direttive.
Normativa italiana.
Con il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (emanato in attuazione della delega recata dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306 – Legge comunitaria 2003), l’Italia ha recepito, sia pure in ritardo, la direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000 sull'incenerimento dei rifiuti.
La mancata attuazione della direttiva entro il termine ultimo del 28 dicembre 2002 ha condotto alla condanna dello Stato italiano con la sentenza 2 dicembre 2004 (causa C/97/04).
L’articolo 1 del d.lgs. n. 133/2005 specifica che il campo di applicazione del decreto comprende sia gli impianti destinati all'incenerimento dei rifiuti che quelli di "coincenerimento" dei rifiuti.
Tale decreto consente quindi di colmare il vuoto normativo relativo al coincenerimento di rifiuti non pericolosi, causato dal fatto che il D.M. n. 503 del 1997 disciplina solamente il procedimento di incenerimento dei rifiuti urbani, speciali non pericolosi e di taluni rifiuti sanitari, non prevedendo norme relative al coincenerimento.
In materia di rifiuti pericolosi il processo di coincenerimento è invece ricompreso nel procedimento di incenerimento nel D.M. n. 124 del 2000.
L’articolo 1 del decreto illustra le finalità del decreto stesso, che “stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché i rischi per la salute umana che ne derivino”.
Per la realizzazione di tali finalità, il decreto disciplina:
§  i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento;
§  i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dai citati impianti;
§  i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti;
§  i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti esistenti alle disposizioni del decreto stesso.
Dalla lettura dell’articolo 2 (definizioni) si evince che il criterio distintivo delle due tipologie di impianti considerate nel decreto n. 133 risiede nella finalità prevalente dell’impianto:
Impianti di incenerimento: se è destinato al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento (con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione
Impianto di coincenerimento se è destinato alla produzione di energia o di prodotti e materiali. In tale contesto si realizza coincenerimento allorquando i rifiuti vengono utilizzati come combustibile normale o accessorio oppure quando, nel corso del processo produttivo, si ha un trattamento termico di rifiuti ai fini di un loro smaltimento.
Nel testo della direttiva 2000/76/CE le procedure autorizzatorie di entrambe le tipologie di impianto (incenerimento e coincenerimento) sono disciplinate dallo stesso articolo (art. 4); nel d.lgs. n. 133/2005 sono presenti invece due distiniti articoli (artt. 4 e 5), che contengono tuttavia numerose disposizioni comuni. In particolare, in entrambi gli articoli viene fatta salva l’applicazione della normativa in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA) di recepimento della direttiva 96/61/CE (cd. IPPC) e dei pertinenti articoli del decreto n. 22/1997 (cd. decreto Ronchi).
La principale differenza (sottolineata dalla diversa titolazione degli articoli) consiste nel fatto che nell’art. 5, dedicato al coincenerimento, viene disciplinata solo l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto e non anche, come invece accade per l’art. 4 dedicato all’incenerimento, quella relativa alla costruzione dell’impianto.
Con il d.lgs. n. 133/2005 viene disciplinato in maniera puntuale il controllo della qualità delle acque provenienti dalla depurazione dei gas di scarico (artt. 10 e 12), non specificamente previsto dai D.M. n. 503/1997 e n. 124/2000.
Il controllo in continuo sulle emissioni gassose, previsto dal D.M. n. 503/1997 solo per l’incenerimento, viene esteso dal decreto n. 133 (art. 11) anche alle attività di coincenerimento.
Un’altra novità, che deriva dall’emanazione del regolamento (CE) n. 1774/2002, è rappresentata dalla possibilità (contemplata dall’art. 6) di incenerire o coincenerire sottoprodotti di origine animale (cd. farine animali) nell’ambito delle procedure semplificate previste dagli artt. 31 e 33 del decreto Ronchi, opzione non prevista dai D.M. 5 febbraio 1998 e D.M. n. 161/2002.
Un’ulteriore novità è rappresentata dalla fissazione di uguali limiti di emissione per rifiuti pericolosi e non pericolosi, come viene chiarito nel paragrafo seguente.
I valori limite di emissione nell’atmosfera previsti negli allegati 1 (relativo all’incenerimento) e 2 (riferito al coincenerimento) del d.lgs. n. 133/2005 recepiscono quelli previsti dall’allegato V e II della direttiva 2000/76/CE, che sono sostanzialmente uguali a quelli della direttiva 94/67/CE sull’incenerimento dei rifiuti pericolosi (recepita nell’ordinamento italiano con il D.M. n. 124/2000), ad eccezione dell’introduzione dei limiti per le emissioni atmosferiche di ossidi di azoto (già previsti, comunque, dalla normativa italiana). Tali limiti si applicano non solo ai rifiuti pericolosi ma anche a quelli non pericolosi, secondo quanto chiarito nel 16° considerando delle premesse alla direttiva 2000/76/CE. Nel citato considerando, infatti, si legge che “La distinzione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi si basa essenzialmente sulle loro diverse caratteristiche prima dell'incenerimento o del coincenerimento, e non sulle diverse emissioni provocate. All'incenerimento o al coincenerimento dei rifiuti, pericolosi o meno, dovrebbero applicarsi gli stessi valori limite di emissione, pur prevedendo tecniche e condizioni di incenerimento o coincenerimento diverse e misure di controllo diverse al momento della ricezione dei rifiuti”.
Il confronto con i limiti previsti dalla normativa nazionale previgente evidenzia una sostanziale invarianza, salvo rare eccezioni, rispetto ai valori recati dal D.M. n. 124/2000 (All. 1) e dal D.M. n. 503/1997 (All. 1) per quanto riguarda le emissioni in atmosfera – e nei confronti di quelli previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5, punto 4, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 relativamente all’emissione negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi.

Proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”.
Lo scorso 20 aprile 2012 il Parlamento europeo ha presentato il Piano di revisione del VI Programmad’azione UE sull’Ambiente (PAA) e le linee guida per il futuro VII Programma, invitando la Commissione a disporre la propria normativa verso una maggiore protezione della biodiversita` e obiettivi piu` ambiziosi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti.

In tal senso, il Piano prevede:

a) limiti piu` severi di sfruttamento delle risorse naturali e boschive e delle attivita` di pesca, agricoltura e allevamenti intensivi per il controllo dei cambiamenti climatici;
b) drastiche riduzioni alla produzione dei rifiuti, seguiti dal divieto di incenerimento di quelli riciclabili o soggetti a compostaggio ed infine dallo smaltimento in discarica.


La Commissione europea ha varato il 29 novembre 2012 la proposta di direttiva di approvazione del settimo Programma d'azione per l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta" che lancia le sfide da raggiungere e gli obiettivi da qui al 2020.

Il settimo Programma d'azione sostituisce il sesto (scaduto a luglio 2012) e dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Fondato sul principio "chi inquina paga", sul principio di precauzione e di azione preventiva e su quello di riduzione dell'inquinamento alla fonte, il Programma definisce un quadro generale per la politica ambientale fino al 2020, individuando nove obiettivi prioritari da realizzare.
I nove obiettivi sono: 1. proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell'Unione; 2. trasformare l'Unione in un'economia a basse emissioni di carbonio; 3. proteggere i cittadini da pressioni e rischi ambientali per la salute e il benessere; 4. sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione Ue in materia di ambiente; 5. migliorare le basi scientifiche della politica ambientale; 6. garantire investimenti a sostegno delle politiche in materia di ambiente e clima, al giusto prezzo; 7. migliorare l'integrazione ambientale e la coerenza delle politiche; 8. migliorare la sostenibilità delle città dell'Ue; 9. aumentare l'efficacia dell'azione Ue nell'affrontare le sfide ambientali a livello regionale e mondiale.

Con la proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”nello specifico per il settore rifiuti, il Parlamento europeo propone regole ulteriori rispetto al VI PAA, al fine di garantire la piena attuazione della normativa comunitaria e, soprattutto, il punto 37 e 38 prevedono:

Vi è inoltre un grande potenziale di miglioramento della gestione dei rifiuti nell'UE per giungere a un miglior utilizzo delle risorse, aprire nuovi mercati, creare posti di lavoro e ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime, consentendo di ridurre gli impatti ambientali54. Ogni anno nell'UE si generano 2,7miliardi di tonnellate di rifiuti, di cui 98 milioni di tonnellate sono rifiuti pericolosi. In mediasolo il 40% dei rifiuti solidi viene riutilizzato o riciclato, il resto finisce nelle discariche o è destinato all'incenerimento. Alcuni Stati membri riciclano oltre il 70% dei rifiuti, dimostrando così che è possibile utilizzarli come una risorsa fondamentale nell'UE. Al contempo in molti Stati membri il 75% dei rifiuti municipali è destinato alle discariche.


38. Trasformare i rifiuti in una risorsa, come invocato nel quadro della tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, richiede una piena applicazione della legislazione UE sui rifiuti in tutta l'Unione, basata su un'applicazione rigorosa della gerarchia dei rifiuti e che disciplini i diversi tipi di rifiuti55. Sono pertanto necessari ulteriori sforzi per: ridurre la produzione di rifiuti pro capite in termini assoluti, limitare il recupero energetico di materiali non riciclabili, dismettere le discariche, garantire un riciclaggio di elevata qualità e sviluppare dei mercati per materie prime secondarie. I rifiuti pericolosi dovranno essere gestiti in modo tale da minimizzare gli effetti dannosi per la salute umana e l'ambiente, così come concordato in occasione del vertice di Rio+20. Per raggiungere questo proposito è auspicabile che in tutta l'UE si ricorra in maniera più sistematica a strumenti di mercato che favoriscano la prevenzione, il riciclaggio e il riutilizzo. È opportuno rimuovere gli ostacoli alle attività di riciclaggio nel mercato interno dell'UE e riesaminare gli obiettivi esistenti in materia di prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero e di alternative alla discarica per progredire verso un'economia "circolare", con un uso senza soluzione di continuità delle risorse e rifiuti residui quasi inesistenti.

Rosanna carbotti






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lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.