Il Consiglio di Stato ha dato ragione al ministro Corrado Clini, dopo che il Tar aveva fermato il suo piano in seguito ai ricorsi presentati dagli amministratori di Frosinone e Albano. Parte dei rifiuti prodotti a Roma potranno essere portati negli impianti di Albano, Colfelice (Frosinone) e Viterbo per il trattamento.
Il Tar del Lazio aveva sospeso il decreto del ministro dell’Ambiente Clini che ha permesso al commissario per l’emergenza rifiuti di individuare quattro impianti dove destinare la spazzatura di Roma. Gli impianti che secondo il piano dovevano ricevere i rifiuti della Capitale, evitando così l’emergenza nella capitale, sono quelli di Albano Laziale (Roma), Viterbo, Colfelice e Castelforte (Latina). In ottemperanza al decreto del ministro Clini il 15 gennaio scorso il commissario Goffredo Sottile aveva individuato i quattro impianti per trattare i rifiuti indifferenziati di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato del Vaticano.
Accogliendo la richiesta presentata da Comune di Albano, Provincia di Frosinone e Saf (società che gestisce il Tmb di Colfelice), la sezione II bis del tribunale amministrativo, presieduta dal giudice Eduardo Pugliese, aveva emesso un’ordinanza di sospensiva del decreto fissando per 6 giugno 2012 la decisione sul merito dei ricorsi.
Il decreto del ministero dell’Ambiente impone il trattamento di una parte dei rifiuti della capitale negli impianti delle altre province del Lazio.
I singoli provvedimenti e il decreto ministeriale sul tema dei rifiuti “risultano essere stati adottati – scriveva il Tar – sul presupposto di una ritenuta grave criticità circa l’intero ciclo di gestione dei rifiuti nella Capitale, ma non sembrano contemplare quella vera e propria situazione di emergenza ambientale che è stata invece invocata in giudizio dalla difesa dell’Amministrazione al fine di giustificare la loro adozione”. I giudici sottolineano anche l’esistenza di “carenze e contraddittorietà” nel decreto del ministro e del Commissario per l’emergenza rifiuti “che non consentono, allo stato, di individuare profili di coerenza, utilità e ragionevolezza delle misure adottate in relazione all’interesse pubblico dichiaratamente perseguito”. Il passaggio finale è che i giudici hanno bloccato i decreti sollecitando un “successivo riesame dell’intera questione da parte degli organi competenti”.
La sesta sezione del Consiglio di Stato, ha stabilito lo stop alla sospensiva concessa dalla sezione II bis del Tar Lazio al decreto ministeriale del gennaio scorso in seguito ai ricorsi del Comune di Albano, della Provincia di Frosinone, della Saf e del Comune di Roccasecca. Il decreto Clini quindi, continua a essere in vigore.
Nelle ordinanze del Consiglio di Stato si legge:
“Rilevata la particolare delicatezza delle questioni sollevate dalle parti, in quanto concernenti aspetti di determinante rilievo per il rispetto delle fondamentali esigenze della qualità della vita e di salvaguardia della salute delle popolazioni prese in considerazione nei provvedimenti impugnati in primo grado;
Preso atto del contenuto delle disposizioni recentemente emanate in materia dal legislatore ;
Considerato che le impugnate statuizioni emesse dal T.A.R. del Lazio – pur mirando a salvaguardare interessi di rilievo costituzionale inerenti la qualità della vita e il diritto alla salute di coloro che abitano in prossimità dei siti presso i quali è prevista la giacenza dei rifiuti – se confermate comporterebbero presumibilmente l’insorgenza di ulteriori e ancor più gravi situazioni di emergenza, che l’autorità amministrativa competente per legge ha inteso affrontare a seguito di un’istruttoria comunque articolata;
Considerato che, in attesa che la sentenza di primo grado approfondisca le delicate questioni sollevate dalle parti, emergono elementi tali da indurre a consentire l’esecuzione degli atti impugnati in primo grado, affinché la situazione – come rappresentato dalle Autorità competenti – non si aggravi, con possibili emergenze di carattere sanitario e di ordine pubblico”.
per consultare il testo dell'ordinanza
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