domenica 24 marzo 2013

Aggiornamento normativo del 24.03.2013


  • Il 19 marzo il Ministro dell'ambiente ha annunciato di aver firmato il decreto bioshopper, che ora passa  al vaglio della Commissione Ue.


  • Il 20 marzo il Ministero dell'Ambiente ha  comunicato ufficialmente di aver approvato il nuovo decreto per la "riattivazione" del Sistri. Il sistema di controllo informatico dovrebbe partire dal 1° ottobre prossimo per i produttori e i gestori di rifiuti pericolosi, e dal 1° marzo 2014 per tutti gli altri soggetti obbligati.




  • La decisione 2013/135/Ue  proroga la validità degli attuali criteri relativi a saponi, shampoo e pompe di calore elettriche e a gas, e la rettifica della Commissione ai criteri attualmente in vigore per i rivestimenti del suolo in legno per l'ottenimento del marchio Ecolabel.


  • Il Parlamento europeo ha creato la Road Map in campo energetico che l'Ue intende intraprendere da qui al 2050. Il punto (scontato) di partenza è rappresentato dagli obiettivi che l'Europa si è data per il 2020 (cosiddetto "pacchetto 20-20-20").


  • Il 22 marzo il GSE ha pubblicato una nota di chiarimento in merito alle maggiorazioni per i biocarburanti, previste dall’art. 33 comma 4 del DLgs 28/2011. Nella nota del GSE si precisa quale documentazione vada presentata per dimostrare la provenienza europea della materia prima e il luogo di produzione europeo dei biocarburanti.


  • Ufficializzata la decisione della Commissione europea di deferire l'Italia alla Corte di Giustizia dell'Ue per la gestione dei rifiuti nel Lazio.

Non chiamateli rifiuti!



tratto da Rinnovabili.it

Il 29 marzo 2013 entreranno in vigore le norme contenute nel DM n. 22 del 14 febbraio 2013, composto da 17 articoli e quattro allegati tecnici, che detta le condizioni alle quali alcune tipologie di combustibile solido secondario (CSS) come definito dall’art. 183 comma 1 lettera cc) del d.lgs. 152/2006 cessano di essere rifiuti e sono da considerare, a tutti gli effetti, un prodotto (cosiddetta “end of waste” ex direttiva 2008/98/Ce in materia di rifiuti).
Il regolamento stabilisce le procedure e le modalità affinché le fasi di produzione e utilizzo del CSS-combustibile, ivi comprese le fasi propedeutiche alle stesse avvengano senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio per l’ambiente, in particolare senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, per la fauna e la flora, causare inconvenienti da rumori e odori, danneggiare il paesaggio e siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente. Verrà  applicato alla produzione del CSS-Combustibile come definito dall’art. 3 comma 1 lettera a) e all’utilizzo dello stesso come combustibile negli impianti definiti dall’art. 3 comma 1 lettera b) e c) (“cementificio” e centrale termoelettrica) rispettivamente ai fini della  produzione di energia elettrica o termica.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 184 ter del dlgs. 152/2006 un sottolotto di combustibile solido secondario cessa di essere qualificato come rifiuto con l’emissione della dichiarazione di conformità nel rispetto di quanto previsto dall’art. 8 comma 2 del regolamento, qualora dovesse venire meno la conformità alle caratteristiche di classificazione di cui all’allegato 1, tabella 1 comporta per il detentore l’obbligo di gestire il sottolotto come un rifiuto ai sensi della parte quarta del d.lgs. 152/2006.
Il CSS-combustibile è prodotto solo in impianti autorizzati in procedura ordinaria, e comunque dotati di certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI En 15358 o in alternativa viene richiesta l’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema di comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
Per la produzione del CSS-Combustibile sono utilizzabili solamente i rifiuti urbani e i rifiuti speciali purché non pericolosi. Possono essere utilizzati anche materiali non classificati come rifiuto purché non pericolosi.
La produzione avviene secondo processi e tecniche di produzione elencate nel successivo allegato 3, e tutte le fasi di produzione sono soggette alle disposizioni della Parte Quarta del d.Lgs.152/2006.

Il nucleo centrale del regolamento è contenuto nell’art. 8 che dispone sulle dichiarazioni di conformità e delle verifiche che il produttore deve effettuare.
L’art. 9 tratta sistemi di gestione per la qualità del processo di produzione del CSS-combustibile, tramite procedimenti documentati che il produttore deve adottare finalizzato al monitoraggio e controllo. Il titolo III detta le disposizioni concernenti il deposito e la movimentazione del CSS-combustibile presso il produttore all’impianto di utilizzo e presso l’utilizzatore per evitare spandimenti accidentali e contaminazione di aria, acqua, suolo, evitare fenomeni di autocombustione o di formazione di miscele esplosive, prevenire e minimizzare la formazione di emissioni diffuse e la diffusione di odori.

Vengono definite nel titolo IV  le condizioni di utilizzo del CSS-combustibile negli impianti di cui all’art. 3 comma 1 lettere b) e c)ai fini della produzione, rispettivamente, di energia termica o di energia elettrica. Facendo poi salve le disposizioni più restrittive contenute nella rispettiva autorizzazione integrata ambientale, per garantire un elevato grado di tutela ambientale e della salute umana l’utilizzo del CSS-combustibile negli impianti di cui all’art. 3 comma 1, lettere b) e c) è soggetto al rispetto delle pertinenti disposizioni del d.Lgs. 11 maggio 2005 n. 133 (decreto di recepimento della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti 2000/76/CE)
Il titolo V contiene le disposizioni finali e fissa le norme da seguire circa la comunicazione annuale che entro il 30 aprile di ogni anno il produttore deve trasmettere, istituisce il Comitato di vigilanza e controllo istituito presso il MATTM composto da 9 membri (due dal MATTM, uno dal MISE, 4 dalle imprenditoriali maggiormente rappresentative dei gestori degli impianti di produzione e di utilizzatori del CSS-combustibile, uno delle associazioni ambientaliste maggiormente rappresentative, uno del Comitato termotecnico italiano), successivamente le disposizioni transitorie, finali e del riconoscimento reciproco.

I quattro allegati tecnici riguardano:
1) tipologie di CSS-combustibile
2) rifiuti non pericolosi non ammessi per la produzione del CSS-combustibile (es. rifiuti contrassegnati dal codice 99)
3) processi e tecniche di produzione del CSS-combustibile
4) dichiarazione di conformità

lunedì 18 marzo 2013

Aggiornamento normativo del 18.03.2013


Aggiornamento normativo del 18.03.2013.

La delibera dell’11 Marzo del Consiglio dei Ministri si occupa nuovamente della nave Costa Concordia naufragata al largo dell’Isola del Giglio, che viene considerata rifiuto e deve essere portata nel sito più vicino per essere bonificata e smaltita.

Il CIPE (comitato interministeriale per la programmazione economica) ha licenziato la nuova delibera di aggiornamento del Piano di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, che prevede una drastica riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2020.

Approvata dal MISE la nuova Strategia energetica nazionale, che punta a superare gli obiettivi ambientali europei del pacchetto 20-20-20 e ridurre la dipendenza energetica dall’estero.

Con il DM 11 gennaio 2013 pubblicato in gazzetta il 12 marzo diciotto siti di bonifica di interesse nazionale (SIC) non rispondenti ai nuovi requisiti introdotti nell’art. 252 del D.lgs 152/2006 vengono trasferiti sotto competenza regionale.   

Sentenze da segnalare Corte di Giustizia UE (causa C 358/2011) del 7 marzo 2013 sulla nozione di cessazione qualifica rifiuto (end of waste) e rapporto con utilizzo di sostanze chimiche pericolose, introdotte attraverso il regolamento UE  “Reach”.

Corte di Cassazione in materia di gestione di rifiuti su reati di trasporto non autorizzato occasionale (Sent. 9187/2013) deposito temporaneo (6295/2013), nozione di sottoprodotto (28609/2012), acque provenienti da frantoio (9011/2013). Tar Toscana Sez. II n. 216/2013 Bonifica dei SIN e imposizione misure di sicurezza). Trib. Chieti ord. 18 dicembre 2012 Impianti fotovoltaici e procedura autorizzatoria.  

sabato 16 marzo 2013

Ancora su rifiuti di Roma. Il Consiglio di Stato salva il decreto Clini


Il Consiglio di Stato ha dato ragione al ministro Corrado Clini, dopo che il Tar aveva fermato il suo piano in seguito ai ricorsi presentati dagli amministratori di Frosinone e Albano. Parte dei rifiuti prodotti a Roma potranno essere portati negli impianti di Albano, Colfelice (Frosinone) e Viterbo per il trattamento. 
Il Tar del Lazio aveva sospeso il decreto del ministro dell’Ambiente Clini che ha permesso al commissario per l’emergenza rifiuti di individuare quattro impianti dove destinare la spazzatura di Roma. Gli impianti che secondo il piano dovevano ricevere i rifiuti della Capitale, evitando così l’emergenza nella capitale, sono quelli di Albano Laziale (Roma), Viterbo, Colfelice e Castelforte (Latina). In ottemperanza al decreto del ministro Clini il 15 gennaio scorso il commissario Goffredo Sottile aveva individuato i quattro impianti per trattare i rifiuti indifferenziati di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato del Vaticano.
Accogliendo la richiesta presentata da Comune di Albano, Provincia di Frosinone e Saf (società che gestisce il Tmb di Colfelice), la sezione II bis del tribunale amministrativo, presieduta dal giudice Eduardo Pugliese, aveva emesso un’ordinanza di sospensiva del decreto fissando per 6 giugno 2012 la decisione sul merito dei ricorsi. 
Il decreto del ministero dell’Ambiente impone il trattamento di una parte dei rifiuti della capitale negli impianti delle altre province del Lazio. 
I singoli provvedimenti e il decreto ministeriale sul tema dei rifiuti “risultano essere stati adottati – scriveva il Tar – sul presupposto di una ritenuta grave criticità circa l’intero ciclo di gestione dei rifiuti nella Capitale, ma non sembrano contemplare quella vera e propria situazione di emergenza ambientale che è stata invece invocata in giudizio dalla difesa dell’Amministrazione al fine di giustificare la loro adozione”. I giudici sottolineano anche l’esistenza di “carenze e contraddittorietà” nel decreto del ministro e del Commissario per l’emergenza rifiuti “che non consentono, allo stato, di individuare profili di coerenza, utilità e ragionevolezza delle misure adottate in relazione all’interesse pubblico dichiaratamente perseguito”. Il passaggio finale è che i giudici hanno bloccato i decreti sollecitando un “successivo riesame dell’intera questione da parte degli organi competenti”.
La sesta sezione del Consiglio di Stato, ha stabilito lo stop alla sospensiva concessa dalla sezione II bis del Tar Lazio al decreto ministeriale del gennaio scorso in seguito ai ricorsi del Comune di Albano, della Provincia di Frosinone, della Saf e del Comune di Roccasecca. Il decreto Clini quindi, continua a essere in vigore.
Nelle ordinanze del Consiglio di Stato si legge: 
Rilevata la particolare delicatezza delle questioni sollevate dalle parti, in quanto concernenti aspetti di determinante rilievo per il rispetto delle fondamentali esigenze della qualità della vita e di salvaguardia della salute delle popolazioni prese in considerazione nei provvedimenti impugnati in primo grado;
Preso atto del contenuto delle disposizioni recentemente emanate in materia dal legislatore ;
Considerato che le impugnate statuizioni emesse dal T.A.R. del Lazio – pur mirando a salvaguardare interessi di rilievo costituzionale inerenti la qualità della vita e il diritto alla salute di coloro che abitano in prossimità dei siti presso i quali è prevista la giacenza dei rifiuti – se confermate comporterebbero presumibilmente l’insorgenza di ulteriori e ancor più gravi situazioni di emergenza, che l’autorità amministrativa competente per legge ha inteso affrontare a seguito di un’istruttoria comunque articolata;
Considerato che, in attesa che la sentenza di primo grado approfondisca le delicate questioni sollevate dalle parti, emergono elementi tali da indurre a consentire l’esecuzione degli atti impugnati in primo grado, affinché la situazione – come rappresentato dalle Autorità competenti – non si aggravi, con possibili emergenze di carattere sanitario e di ordine pubblico”.
 

per consultare il testo dell'ordinanza


Italia deferita alla Corte di Giustizia europea per questione rifiuti Roma.


La commissione europea ha deciso di rinviare l'Italia alla Corte europea di giustizia temendo che il trattamento dei rifiuti di Roma continui ad essere carente, in vista anche della chiusura prevista per fine giugno della discarica di Malagrotta. La comunicazione sul sito del Ministero dell'Ambiente:


"La Commissione europea ha fatto presente oggi che la situazione del trattamento dei rifiuti nella Regione Lazio - anche alla luce delle iniziative contro l'applicazione del decreto del ministro dell'Ambiente del 3 gennaio 2013 sui rifiuti del Lazio - costringe la Commissione a deferire l'Italia alla Corte europea di giustizia.

In particolare, il commissario europeo Janez Potocnik, pur apprezzando l'impegno del ministro dell'Ambiente, ha rilevato che sono a rischio la chiusura della discarica di Malagrotta e il trattamento dei rifiuti, oggetto della procedura d'infrazione aperta nel 2011.

Il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, considera il deferimento alla Corte europea di giustizia "il risultato inevitabile della situazione che si è venuta a creare in seguito alle opposizioni al decreto del 3 gennaio, opposizioni che in vario modo convergono verso l'unica "abituale conclusione per Roma" a vantaggio del conferimento in discarica".

Il ministro Clini in particolare ricordato "l'incredibile situazione degli impianti regionali di Tmb (trattamento meccanico biologico) e per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti che, nonostante le disposizioni del decreto e l'intervento del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, continuano a essere utilizzati meno del 50% della loro capacità".

Al tempo stesso "resta a livelli insoddisfacenti la raccolta differenziata, e in particolare la selezione della frazione umida, la quale potrebbe essere valorizzata con la produzione di compost".

Il ministro ha convocato per il 20 marzo Ama e le imprese individuate dal decreto del 3 gennaio, "per definire un piano di azione vincolante - spiega Clini - anche utilizzando i poteri straordinari che sono stati attribuitio al ministro dalla Legge di stabilità 2013".

Inoltre, il ministro ha scritto al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, al sindaco di Roma Gianni Alemanno e al commissario della Provincia, Umberto Postiglione, per sbloccare le procedure di autorizzazione, ferme da tempo, degli impianti di trattamento e recupero "che potrebbero dare - conclude - una svolta definitiva alla gestione dei rifiuti di Roma".

Nello stesso tempo il ministro ha confermato con una lettera al commissario europeo Potocnik l'impegno dell'Italia, "anche grazie alla collaborazione con la nuova amministrazione della Regione e con il Comune di Roma, a completare il programma per allineare la capitale d'Italia agli standards previsti dalle direttive europee e dalle leggi nazionali entro i tempi previsti e comunque prima che la Corte assuma la sua decisione".

domenica 10 marzo 2013

Aggiornamento normativo e giurisprudenziale 10.03.2013


Aggiornamento normativo e giurisprudenziale  10.03.2013

-          È entrato in vigore il 06 marzo DM sviluppo economico che definisce la premialità cui hanno diritto i produttori di biocarburanti prodotti da filiera europea.

 

-          Decisione 2013/107/UE che formalizza l’approvazione dell’accordo quinquennale USA-Unione europea sull’etichettatura energetica delle apparecchiature per ufficio (Energy Star).

 

-          Elenco dei consorzi o sistemi sul sito del GSE a cui i produttori di moduli fotovoltaici possono aderire per garantirne il riciclo a fine vita.

 

-          Nuova modulistica sul sito del MATTM per i principali atti amministrativi che i proponenti devono richiedere nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale e Valutazione ambientale strategica.

 

-           In attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dopo essere stati approvati dal Governo i provvedimenti i materia ambientale: bioshopper, autorizzazione unica, CSS, trattamento fanghi, certificatori energetici, ispezione di impianti termici.

 

-          Approvato in Consiglio dei Ministri il decreto sulla strategia energetica nazionale.

 

-          In data 05.03.2013 il presidente del Tar del Lazio sezione prima ter,  Linda Sandulli, con decreto monocratico n. 01028/2013 si è pronunciata sul ricorso presentato dal Comune di Albano contro Regione Lazio nei confronti di Consorzio Ecologico Massimetta (COEMA) Soc. Pontina Ambiente S.r.l. in merito all’annullamento  dei lavori di realizzazione e messa in esercizio della centrale elettrica alimentata da gas di sintesi derivato dal CDR in località Cecchina e di ogni altro atto indicato nel ricorso, accogliendo l’istanza di misure cautelari provvisorie monocratiche, proposto dal ricorrente ai sensi dell’art. 56 cod.proc.amm.   fissando per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 28.03.2013.

 

-          Il Consiglio di Stato con le ordinanze 792, 793, 794 e 795 si è pronunciato sugli appelli proposti dall’Avvocatura Capitolina e dall’Avvocatura dello stato ed ha confermato i decreti adottati lo scorso 28 febbraio che consentono il trattamento dei rifiuti in impianti localizzati in altri Comuni della Regione. La decisione del Consiglio di Stato è motivata dalla necessità di evitare gravi situazioni di emergenza per la città di Roma e permette di procedere con il Piano rifiuti elaborato dal Commissario straordinario Goffredo Sottile. Dall’11 Aprile Mala grotta non può più accogliere rifiuti non trattati.

 

-          Il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla nozione di servizio pubblico locale, in cui rientra anche la sola raccolta dei rifiuti.

 

-          La Cassazione ha stabilito che nel sistema di responsabilità (anche ambientale) ex Dlgs 231/2001 la sanzione si applica anche se manca il profitto del reato.      

sabato 2 marzo 2013

Inceneritori di rifiuti tra norme attuali e future sulla base del VII Programma d'azione per l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta".


Inceneritori di rifiuti tra norme attuali e future sulla base del VII Programma d'azione per l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta".  

L’aspetto socio-economico dell’incenerimento dei rifiuti è, da anni, oggetto di diverse, e spesso conflittuali, opinioni, non solo tra pubbliche amministrazioni, industriali e ambientalisti, ma tra gli stessi cittadini, che da sempre manifestano punti di vista favorevoli o contrari a questo sistema. Ai vantaggi dell’incenerimento dei rifiuti, quali pulizia, igiene, decoro urbano, costi delle bollette e recupero di energia, si associano, infatti, gravi preoccupazioni per i danni che possono provocare le emissioni di sostanze inquinanti in atmosfera, nelle acque e nel terreno.

E ` infatti noto da tempo come, a prescindere dalla fonte e dalla natura dei rifiuti inceneriti, ogni processo di combustione possa, senza l’utilizzo di adeguate tecnologie, dar luogo ad emissioni contenenti gas acidi, articolato, metalli pesanti e composti organici altamente tossici. In particolare, le preoccupazioni degli esperti si sono concentrate su composti chimici come diossine e furani che, ad alte concentrazioni, possono produrre effetti cancerogeni per gli esseri umani e, ad esposizioni prolungate, influire negativamente sulla riproduzione, lo sviluppo del feto e le facoltà intellettive. A ciò si aggiunge il pericolo che tali emissioni, prodotte a livello locale, possano contaminare alimenti, come frutta, latte e carne, esportati e commercializzati in tutta la Comunità.

Dopo una breve descrizione dell’attività di questi impianti analizzeremo le norme da cui sono regolati a livello europeo e nazionale, successivamente quali prospettive a livello europeo con la Proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”.
Gli inceneritori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri.
Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatore.
Il termine termovalorizzatore, seppur di uso comune, è talvolta criticato in quanto sarebbe fuorviante. Infatti, secondo le più moderne teorie sulla corretta gestione dei rifiuti gli unici modi per "valorizzare" un rifiuto sono prima di tutto il riuso e poi il riciclo, mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice smaltimento è dunque da preferirsi alla semplice discarica di rifiuti indifferenziati. Si fa notare che il termine non viene inoltre mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di "inceneritori". Le principali norme di riferimento sono la direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti e il decreto di attuazione dlgs 133/2005.
Le categorie principali e quantitativamente predominanti di rifiuti inceneribili sono i rifiuti solidi urbani (RSU) e rifiuti speciali, ma anche fanghi di depurazione. I materiali inceneribili sono gli inerti.
Prima di procedere all'incenerimento i rifiuti possono essere trattati tramite processi volti a eliminare i materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli, ecc.). I rifiuti trattati in questo modo sono definiti CDR(ovvero combustibile derivato dai rifiuti). Il CDR è una voce particolare di CSS, identificata attraverso un codice CER (191210 Rifiuti combustibili) e be definita nel D.lgs.152/2006 (rifiuti speciali).
Secondo la norma UNI EN CEN/TS 15359 il CSS è un combustibile solido preparato da rifiuti non pericolosi per essere utilizzato per il recupero energetico in impianti di incenerimento o coincenerimento e conforme ai requisiti indicati nella norma tecnica
Ricordiamo che è all’esame del Parlamento il decreto sull’utilizzo dei CSS nei cementifici regolati dalle norme di coincenerimento, mentre è in corso di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale il decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, Dlgs 152/2006 ("Cessazione della qualifica di rifiuto"), consente che alcune tipologie di CSS, a determinate condizioni, "escano" dalla qualifica di rifiuto e divengano materiale, e possano quindi essere utilizzate, nel rispetto delle condizioni del regolamento stesso, in alcuni impianti industriali che, per le garanzie fornite in campo ambientale e tecnico, sono particolarmente idonei a tal fine.
Normativa europea.
La direttiva 2000/76/CE (direttiva sull’incenerimento dei rifiuti) detta regole precise per la fabbricazione e il funzionamento degli impianti di combustione dei rifiuti. L’obiettivo della direttiva è di evitare o di limitare per quanto praticabile gli effetti negativi dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull’ambiente, in particolare l’inquinamento dovuto alle emissioni in atmosfera, nel suolo, nella acque superficiali e sotterranee nonché i rischi per la salute umana che ne risultino. Lo scopo è raggiunto mediante rigorose condizioni di esercizio e prescrizioni tecniche, nonché istituendo valori limiti di emissione per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti nella Comunità, soddisfacendo altresì le prescrizioni della direttiva 75/442/CEE.
Fatto salvo l’art. 4 della direttiva 75/442/CEE, o l’art. 3 della direttiva 91/689/CEEè previsto  il rilascio di un’autorizzazione per ogni attività di incenerimento, o coincenerimento, di qualsiasi tipo di rifiuto, pericoloso o non pericoloso. Le domande di autorizzazione contengono una descrizione delle misure previste per garantire che l’impianto sia progettato e attrezzato in maniera conforme ai requisiti fissati dalla direttiva, che il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato per quanto praticabile, ad esempio attraverso la produzione di calore ed energia combinati, la produzione di vapore industriale o il teleriscaldamento. Si deve inoltre garantire che i residui siano ridotti al minimo in quantità e nocività e riciclati ove opportuno, e che lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà effettuato conformemente alla normativa nazionale e comunitaria.
Ogni processo di combustione, indipendentemente dalla fonte e dalla natura dei rifiuti inceneriti può dar luogo ad emissioni contenenti gas acidi, articolato, metalli pesanti e composti organici altamente tossici. Pertanto l’art. 7 stabilisce valori limite di emissioni in atmosfera, che non devono superare in generale i valori limiti di emissione previsti dall’Allegato V dei gas di scarico. Per i rifiuti pericolosi, qualora il 40% del calore liberato da un impianto derivi da questi, si applicano i valori limiti di emissione di cui all’Allegato V.
L’art. 8 stabilisce indicazioni particolareggiate per l’evacuazione di acque provenienti dalla depurazione dei gas di scarico soggette ad autorizzazione rilasciata dalla competente autorità.
La Direttiva n. 2000/76/Ce dal 18 gennaio 2014 sarà integrata nella Direttiva quadro n. 2010/75/Ce sulle emissioni industriali insieme ad altre sei direttive.
Normativa italiana.
Con il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (emanato in attuazione della delega recata dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306 – Legge comunitaria 2003), l’Italia ha recepito, sia pure in ritardo, la direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000 sull'incenerimento dei rifiuti.
La mancata attuazione della direttiva entro il termine ultimo del 28 dicembre 2002 ha condotto alla condanna dello Stato italiano con la sentenza 2 dicembre 2004 (causa C/97/04).
L’articolo 1 del d.lgs. n. 133/2005 specifica che il campo di applicazione del decreto comprende sia gli impianti destinati all'incenerimento dei rifiuti che quelli di "coincenerimento" dei rifiuti.
Tale decreto consente quindi di colmare il vuoto normativo relativo al coincenerimento di rifiuti non pericolosi, causato dal fatto che il D.M. n. 503 del 1997 disciplina solamente il procedimento di incenerimento dei rifiuti urbani, speciali non pericolosi e di taluni rifiuti sanitari, non prevedendo norme relative al coincenerimento.
In materia di rifiuti pericolosi il processo di coincenerimento è invece ricompreso nel procedimento di incenerimento nel D.M. n. 124 del 2000.
L’articolo 1 del decreto illustra le finalità del decreto stesso, che “stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché i rischi per la salute umana che ne derivino”.
Per la realizzazione di tali finalità, il decreto disciplina:
§  i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento;
§  i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dai citati impianti;
§  i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti;
§  i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti esistenti alle disposizioni del decreto stesso.
Dalla lettura dell’articolo 2 (definizioni) si evince che il criterio distintivo delle due tipologie di impianti considerate nel decreto n. 133 risiede nella finalità prevalente dell’impianto:
Impianti di incenerimento: se è destinato al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento (con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione
Impianto di coincenerimento se è destinato alla produzione di energia o di prodotti e materiali. In tale contesto si realizza coincenerimento allorquando i rifiuti vengono utilizzati come combustibile normale o accessorio oppure quando, nel corso del processo produttivo, si ha un trattamento termico di rifiuti ai fini di un loro smaltimento.
Nel testo della direttiva 2000/76/CE le procedure autorizzatorie di entrambe le tipologie di impianto (incenerimento e coincenerimento) sono disciplinate dallo stesso articolo (art. 4); nel d.lgs. n. 133/2005 sono presenti invece due distiniti articoli (artt. 4 e 5), che contengono tuttavia numerose disposizioni comuni. In particolare, in entrambi gli articoli viene fatta salva l’applicazione della normativa in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA) di recepimento della direttiva 96/61/CE (cd. IPPC) e dei pertinenti articoli del decreto n. 22/1997 (cd. decreto Ronchi).
La principale differenza (sottolineata dalla diversa titolazione degli articoli) consiste nel fatto che nell’art. 5, dedicato al coincenerimento, viene disciplinata solo l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto e non anche, come invece accade per l’art. 4 dedicato all’incenerimento, quella relativa alla costruzione dell’impianto.
Con il d.lgs. n. 133/2005 viene disciplinato in maniera puntuale il controllo della qualità delle acque provenienti dalla depurazione dei gas di scarico (artt. 10 e 12), non specificamente previsto dai D.M. n. 503/1997 e n. 124/2000.
Il controllo in continuo sulle emissioni gassose, previsto dal D.M. n. 503/1997 solo per l’incenerimento, viene esteso dal decreto n. 133 (art. 11) anche alle attività di coincenerimento.
Un’altra novità, che deriva dall’emanazione del regolamento (CE) n. 1774/2002, è rappresentata dalla possibilità (contemplata dall’art. 6) di incenerire o coincenerire sottoprodotti di origine animale (cd. farine animali) nell’ambito delle procedure semplificate previste dagli artt. 31 e 33 del decreto Ronchi, opzione non prevista dai D.M. 5 febbraio 1998 e D.M. n. 161/2002.
Un’ulteriore novità è rappresentata dalla fissazione di uguali limiti di emissione per rifiuti pericolosi e non pericolosi, come viene chiarito nel paragrafo seguente.
I valori limite di emissione nell’atmosfera previsti negli allegati 1 (relativo all’incenerimento) e 2 (riferito al coincenerimento) del d.lgs. n. 133/2005 recepiscono quelli previsti dall’allegato V e II della direttiva 2000/76/CE, che sono sostanzialmente uguali a quelli della direttiva 94/67/CE sull’incenerimento dei rifiuti pericolosi (recepita nell’ordinamento italiano con il D.M. n. 124/2000), ad eccezione dell’introduzione dei limiti per le emissioni atmosferiche di ossidi di azoto (già previsti, comunque, dalla normativa italiana). Tali limiti si applicano non solo ai rifiuti pericolosi ma anche a quelli non pericolosi, secondo quanto chiarito nel 16° considerando delle premesse alla direttiva 2000/76/CE. Nel citato considerando, infatti, si legge che “La distinzione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi si basa essenzialmente sulle loro diverse caratteristiche prima dell'incenerimento o del coincenerimento, e non sulle diverse emissioni provocate. All'incenerimento o al coincenerimento dei rifiuti, pericolosi o meno, dovrebbero applicarsi gli stessi valori limite di emissione, pur prevedendo tecniche e condizioni di incenerimento o coincenerimento diverse e misure di controllo diverse al momento della ricezione dei rifiuti”.
Il confronto con i limiti previsti dalla normativa nazionale previgente evidenzia una sostanziale invarianza, salvo rare eccezioni, rispetto ai valori recati dal D.M. n. 124/2000 (All. 1) e dal D.M. n. 503/1997 (All. 1) per quanto riguarda le emissioni in atmosfera – e nei confronti di quelli previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5, punto 4, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 relativamente all’emissione negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi.

Proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”.
Lo scorso 20 aprile 2012 il Parlamento europeo ha presentato il Piano di revisione del VI Programmad’azione UE sull’Ambiente (PAA) e le linee guida per il futuro VII Programma, invitando la Commissione a disporre la propria normativa verso una maggiore protezione della biodiversita` e obiettivi piu` ambiziosi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti.

In tal senso, il Piano prevede:

a) limiti piu` severi di sfruttamento delle risorse naturali e boschive e delle attivita` di pesca, agricoltura e allevamenti intensivi per il controllo dei cambiamenti climatici;
b) drastiche riduzioni alla produzione dei rifiuti, seguiti dal divieto di incenerimento di quelli riciclabili o soggetti a compostaggio ed infine dallo smaltimento in discarica.


La Commissione europea ha varato il 29 novembre 2012 la proposta di direttiva di approvazione del settimo Programma d'azione per l'ambiente "Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta" che lancia le sfide da raggiungere e gli obiettivi da qui al 2020.

Il settimo Programma d'azione sostituisce il sesto (scaduto a luglio 2012) e dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Fondato sul principio "chi inquina paga", sul principio di precauzione e di azione preventiva e su quello di riduzione dell'inquinamento alla fonte, il Programma definisce un quadro generale per la politica ambientale fino al 2020, individuando nove obiettivi prioritari da realizzare.
I nove obiettivi sono: 1. proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell'Unione; 2. trasformare l'Unione in un'economia a basse emissioni di carbonio; 3. proteggere i cittadini da pressioni e rischi ambientali per la salute e il benessere; 4. sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione Ue in materia di ambiente; 5. migliorare le basi scientifiche della politica ambientale; 6. garantire investimenti a sostegno delle politiche in materia di ambiente e clima, al giusto prezzo; 7. migliorare l'integrazione ambientale e la coerenza delle politiche; 8. migliorare la sostenibilità delle città dell'Ue; 9. aumentare l'efficacia dell'azione Ue nell'affrontare le sfide ambientali a livello regionale e mondiale.

Con la proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.11.2012 su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”nello specifico per il settore rifiuti, il Parlamento europeo propone regole ulteriori rispetto al VI PAA, al fine di garantire la piena attuazione della normativa comunitaria e, soprattutto, il punto 37 e 38 prevedono:

Vi è inoltre un grande potenziale di miglioramento della gestione dei rifiuti nell'UE per giungere a un miglior utilizzo delle risorse, aprire nuovi mercati, creare posti di lavoro e ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime, consentendo di ridurre gli impatti ambientali54. Ogni anno nell'UE si generano 2,7miliardi di tonnellate di rifiuti, di cui 98 milioni di tonnellate sono rifiuti pericolosi. In mediasolo il 40% dei rifiuti solidi viene riutilizzato o riciclato, il resto finisce nelle discariche o è destinato all'incenerimento. Alcuni Stati membri riciclano oltre il 70% dei rifiuti, dimostrando così che è possibile utilizzarli come una risorsa fondamentale nell'UE. Al contempo in molti Stati membri il 75% dei rifiuti municipali è destinato alle discariche.


38. Trasformare i rifiuti in una risorsa, come invocato nel quadro della tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, richiede una piena applicazione della legislazione UE sui rifiuti in tutta l'Unione, basata su un'applicazione rigorosa della gerarchia dei rifiuti e che disciplini i diversi tipi di rifiuti55. Sono pertanto necessari ulteriori sforzi per: ridurre la produzione di rifiuti pro capite in termini assoluti, limitare il recupero energetico di materiali non riciclabili, dismettere le discariche, garantire un riciclaggio di elevata qualità e sviluppare dei mercati per materie prime secondarie. I rifiuti pericolosi dovranno essere gestiti in modo tale da minimizzare gli effetti dannosi per la salute umana e l'ambiente, così come concordato in occasione del vertice di Rio+20. Per raggiungere questo proposito è auspicabile che in tutta l'UE si ricorra in maniera più sistematica a strumenti di mercato che favoriscano la prevenzione, il riciclaggio e il riutilizzo. È opportuno rimuovere gli ostacoli alle attività di riciclaggio nel mercato interno dell'UE e riesaminare gli obiettivi esistenti in materia di prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero e di alternative alla discarica per progredire verso un'economia "circolare", con un uso senza soluzione di continuità delle risorse e rifiuti residui quasi inesistenti.

Rosanna carbotti






lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.