Non sono rari i casi di proteste popolari riguardanti decisioni pubbliche in materia ambientale: decisione di localizzare una discarica o un centro di raccolta in una determinato luogo, oppure decisioni inerenti l'affidamento di un servizio pubblico. Il più delle volte sono decisioni unilaterali dell'Autorità pubblica che non tengono conto del diritto di partecipazione ed informazione dei cittadini. Ancor più segrete vengono tenute le informazioni sullo stato dell'inquinamento del suolo e delle acque. Il tutto in violazione del diritto all'informazione e di accesso agli atti ormai consolidatosi (almeno teoricamente) nel diritto ambientale.
Si vuole tracciare seppur brevemente la disciplina di tale istituto nell'ottica di una tutela dell'informazione premendo sul fatto che per affrontare in maniera efficace ai problemi ambientali e perseguire uno sviluppo economico e sociale sostenibile, in grado di preservare l’ambiente in cui viviamo e garantirlo alle generazioni future, i governi e le amministrazioni devono informare e coinvolgere la collettività nelle decisioni che investono il territorio e la qualità della vita.
Tra le esigenze di tutela ambientale e il diritto all’informazione vi è una stretta interdipendenza: per nessun altro bene come per l’ambiente, la diffusione e la circolazione adeguata delle informazioni e delle conoscenze, anche di carattere tecnico, è indispensabile per una corretta definizione degli oggetti e delle modalità di tutela. Ciò dipende dalle peculiari caratteristiche delle questioni ambientali, contraddistinte da interdisciplinarietà, coinvolgimento di una pluralità di attori portatori di interessi diversi, asimmetria distributiva dei costi e dei benefici, distribuzione non uniforme dell’informazione e sviluppo nel tempo delle conoscenze disponibili. In tale contesto, un'adeguata informazione ed una democrazia partecipata rappresentano strumenti essenziale essenziali per la tutela dell'ambiente e della salute umana. Da un lato, infatti, la corretta raccolta, gestione, integrazione delle informazioni relative all’ambiente, costituisce uno strumento indispensabile a supporto delle politiche ambientali, sia nella fase di pianificazione degli interventi sia in quella di verifica della loro efficacia; dall’altro, la pubblicità e la diffusione delle informazioni ambientali consentono di modificare il ruolo che i cittadini svolgono nel perseguimento degli obiettivi di tutela dell’ambiente, trasformandoli in soggetti attivi, in grado di fare scelte consapevoli e di esercitare un controllo sull’operato dei soggetti pubblici.
Il diritto all’informazione ed il diritto di partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale, è stato oggetto di molte convenzioni internazionali ambientali.
Nel rapporto Brundtland, anche denominato “Our common future” (il nostro avvenire per tutti), pubblicato nel 1987, la Commissione Mondiale indipendente per l’Ambiente e lo Sviluppo (CMAS) delle Nazioni Unite dichiarò la necessità di un sistema politico in grado di assicurare l’effettiva partecipazione dei cittadini e delle ONG ai processi ed alle politiche concernenti l’ambiente per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile.
Durante la “Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo”(UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro (luglio 1992) è stato più volte affrontato l’argomento della partecipazione del pubblico al processo legislativo in materia ambientale quale elemento essenziale dello sviluppo sostenibile.
Ciò che è emerso è un'idea di educazione ambientale, intesa come strumento per la promozione di sistemi di vita e di produzione sostenibili, al fine di garantire un uso delle risorse distribuito equamente tra i popoli e le generazioni presenti e future. L’idea di fondo è che il riconoscimento agli individui di alcuni diritti ambientali “procedurali” o “funzionali”, quali il diritto di ottenere informazioni sullo stato dell’ambiente, di partecipare ai processi decisionali e di avere accesso a idonei mezzi di tutela, consente a ciascuno di collaborare alla creazione di un ambiente migliore, esercitare un controllo sull’attività degli Stati in campo ambientale e tutelare, in ultima analisi, il proprio diritto a vivere in un ambiente sano. In tale prospettiva, un’importanza fondamentale è riconosciuta all’accesso all’informazione ambientale, logica e necessaria premessa per l’esercizio degli altri diritti, e al compito spettante agli Stati di rendere le informazioni ampiamente disponibili al fine di accrescere la consapevolezza e la partecipazione pubblica.
La Convenzione di Aarhus (Convenzione UN/ECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione pubblica ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale) è la prima convenzione internazionale in materia ambientale che, similmente agli accordi per la tutela dei diritti umani, impone agli Stati degli obblighi nei confronti degli individui. La Convenzione, riconosciuto il fondamentale diritto umano a un ambiente salubre, individua quali mezzi per farlo valere: l’accesso all’informazione, la partecipazione ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia, tre “pilastri” su cui costruire un nuovo modello di democrazia ambientale.
L’informazione ambientale, è definita in maniera estremamente ampia; la nozione comprende non solo le informazioni riguardanti lo stato degli elementi dell’ambiente (aria, acqua, suolo, paesaggio, biodiversità..) ma anche le informazioni attinenti agli elementi che possono influenzare lo stato dell’ambiente, vale a dire, «i fattori», come sostanze, energia, rumore e radiazioni, ma anche «le attività» e «le misure» (provvedimenti amministrativi, politiche, normative, piani e programmi, incluse le analisi economiche utilizzate nei processi decisionali) suscettibili di influire sull’ambiente. La definizione comprende, inoltre, le informazioni riguardanti lo stato di salute e la sicurezza umana e lo stato dei siti culturali nella misura in cui sono influenzati dallo stato dell’ambiente. Legittimato a esercitare il diritto di accesso alle informazioni ambientali in possesso delle autorità pubbliche è il pubblico, definito in maniera estremamente ampia e generica, in modo da evitare qualsiasi discriminazione sulla base della cittadinanza, nazionalità o domicilio. L’accesso, inoltre, deve essere consentito senza necessità di dimostrare un interesse, entro termini prestabiliti, a un costo ragionevole. Infine, sono individuate nel dettaglio le cause che possono legittimare un rifiuto da parte dell’autorità pubblica, al fine di ridurre i margini di discrezionalità degli Stati nell’individuazione delle informazioni accessibili. Le autorità pubbliche devono possedere e aggiornare l'informazione ambientale utile per l'esercizio delle proprie funzioni; istituire meccanismi obbligatori che garantiscano un adeguato flusso di informazioni su attività suscettibili di produrre un significativo impatto sull'ambiente; in caso di minaccia imminente alla salute o all'ambiente, diffondere immediatamente tutta l'informazione utile a prevenire o mitigare i danni. Tra le informazioni che le autorità pubbliche sono tenute a diffondere rientrano le normative, i piani, le politiche in materia ambientale (inclusi i rapporti sulla loro implementazione e i fatti e le analisi rilevanti per la loro elaborazione) e le informazioni sul modo in cui l’amministrazione, a tutti i livelli, esercita le funzioni pubbliche o fornisce i servizi pubblici relativi all’ambiente.
Nell'ordinamento nazionale la disciplina sull'informazione ambientale si rinviene già a partire dalla legge istitutiva del Ministero dell'Ambiente (L.349/1986) che pone in apertura, come compito generale e programmatico del Ministero, quello dell'Informazione. L'art. 14 c.3 della L. 349/1986 è la prima disposizione nazionale a stabilire che: "qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell'ambiente disponibili...presso gli uffici della PA". La norma come è evidente si riferisce a tutti i cittadini indipendentemente dall'interesse sotteso alla richiesta. Questa norma ha assunto una valenza maggiore quando è stata affiancata dalla disciplina che regola il diritto di accesso ai documenti amministrativi contenuta nella L. 241/90 e s.m.i. L'art. 22 della legge sul procedimento amministrativo definisce il diritto di accesso come il diritto di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi (vale adire ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie, contenente atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale). La disciplina speciale in materia si è arricchita dapprima con il D. lgs 39/97 di recepimento della Direttiva 90/313/CEE e successivamente con il D.Lgs 19 agosto 1995 n. 195 che ha abrogato il precedente provvedimento. Tale ultimo decreto, attuativo della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, ha inteso garantire il diritto di accesso stabilendone i termini, le condizioni e le modalità di esercizio, assicurando altresì, al fine della più ampia trasparenza, che l'informazione stessa, che deve essere aggiornata, precisa e confrontabile, sia messa a disposizione del pubblico e diffusa anche attraverso l'uso di canali tecnologici. Lo scopo del decreto è quello di assicurare la libertà di accesso alle informazioni in possesso della PA, in forma scritta, visiva o sonora riguardanto lo stato delle acque, del suolo, della fauna del territorio ecc.
L'art. 3 non presuppone un interesse alla richiesta di accesso poichè prevede che l'autorità pubblica è tenuta a rendere disponibile l'informazione detenuta a chiunque ne faccia richiesta senza che questi dichiari il proprio interesse.
Il decreto elenca dettagliatamente le ipotesi in cui l'accesso può essere negato (art. 5).
Allo scopo di fornire al pubblico tutte le notizie utili al reperimento dell'informazione ambientale, la PA istituisce e aggiorna almeno annualmente appositi cataloghi pubblici dell'informazione ambientale (art. 4).
Il tema dell'accesso e della diffusione dell'informazione ambientale è contemplato anche nel D.lgs 152/06 che nella prima parte contempla il diritto di accesso alle informazioni ambientali tra i principi generali in tema di tutela dell'ambiente (art. 3 sexies: "Chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale").
L'attività conoscitiva è richiamata inoltre dalle singole parti del decreto che disciplinano i diversi settori.
Vi è inoltre l'art. 55 rubricato attività conoscitiva, che stabilisce che l'ANCI contribuisce allo svolgimento di tale attività in particolare per realizzare le finalità di risanamento del suolo e del sottosuolo, di risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto e la messa in sicureza di situazioni di rischio, nonchè ai fini della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli artt. 8 e 9 del D.lgs 195/2005 e altresì con riguardo all'inquinamento dell'aria, delle acque, acustico, elettromagnetico e luminoso, alle fonti energetiche rinnovabili, allo sviluppo sostenibile, ai partchi e alle aree protette ecc.
Il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell'associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all'oggetto dell'istanza. Pertanto, sussiste il diritto di accesso del Codacons agli atti del comune concernenti l'approvazione del progetto esecutivo e la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti atteso che, riguardo a tali atti, l'istanza del Codacons risulta pertinente ai fini statutari dell'associazione in quanto rivolta alla tutela dell'interesse degli utenti del relativo servizio. Peraltro il concetto di legittimazione riguardo all'accesso all'informazione ambientale assume, per espressa previsione normativa e per costante applicazione giurisprudenziale, una valenza decisamente più lata rispetto alla legittimazione prevista per il diritto di accesso tout court. (T.a.r. Lazio, Roma, Sezione 2 ter, sentenza 14 marzo 2011, n. 2260)
Si sottolinea però che le norme sopra citate fanno riferimento all'accesso agli atti della pubblica amministrazione; capita però che alcune attività di gestione ambientale siano svolte da privati in tal caso non può chiedersi l'eccesso. Lo ha affermato recentemente il Tribunale Amministrativo del Lazio - con sentenza 30 gennaio 2012, n. 966 - che dichiara "l'inammissibilità del ricorso ad exhibendum (art. 116 c.p.a.)" contro il silenzio del gestore di una discarica non qualificabile né come ente pubblico, né come concessionario di pubblico servizio.
Maria Giovanna Laurenzana
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