martedì 28 febbraio 2012

LO SVILUPPO DELLE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI NELLE REGIONI DEL MEZZOGIORNO

Lo sviluppo sociale è stato fin qui determinato da un amalgama di almeno quattro fondamentali fattori: l'uso dell'energia, l'urbanizzazione, la capacità militare e la tecnologia dell'informazione. Di questi quattro fattori alcuni sono destinati a declinare, altri ad attraversare periodi di crisi. Il nostro futuro è dunque legato in modo particolare allo sviluppo della società della conoscenza e alle modalità con cui viene affrontato il grande tema della transizione energetica dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili.
E' da queste osservazioni tratte da uno studio del Prof. Ian Morris dell'Università di Stanford, che parte il Rapporto sullo sviluppo delle fonti rinnovabili nelle regioni del Mezzogiorno, presentato a Bari il 20 febbraio, con la presenza del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e altre importanti personalità nel campo dell'energia.
Lo studio realizzato dalla Fondazione Cercare Ancora cerca di dare un quadro completo dello sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia a seguito del recepimento della Direttiva 2009/28/CE facente parte del c.d. Pacchetto clima-energia che ha fissato l'ormai noto obiettivo 20-20-20.
Come noto,  la Direttiva 28, al paragrafo 1 dell'art. 4 prevede che gli Stati Membri sono tenuti a fissare obiettivi nazionali per la quota di energia da fonti rinnovabili da raggiungere nel 2020 in tre settori: riscaldamento  e raffreddamento, elettricità, trasporti. Oltre a definire gli obiettivi settoriali per il 2020 gli Stati membri devono anche descrivere la traiettoria prevedibile dell'aumento dell'uso delle energie rinnovabili in ciascun settore tra il 2010 e il 2020. La Direttiva prevede infatti che il raggiungimento dell'obiettivo comunitario passi attraverso l'assegnazione di sotto-traguardi nazionali individuati a loro volta come percentuale di energia rinnovabile impiegata a copertura dei consumi finali lordi del paese interessato.
I nuovi obiettivi posti dalla Direttiva sono vincolanti, per cui il loro mancato raggiungimento esporrebbe lo Stato a misure sanzionatorie da parte della Comunità.
Le indicazioni della Commissione per il raggiungimento dell'obiettivo complessivo al 2020 lasciano ai singoli Stati membri la libertà di tracciare le strategie più opportune al fine di conseguire l'incremento previsto di copertura dei consumi energetici mediante l'impiego di fonti rinnovabili. Pertanto entro il 30 giugno 2010, ogni Paese avrebbe dovuto notificare alla Commissione un Piano d'Azione Nazionale (PAN) sulle FER, contenente le strategie e il dettaglio degli obiettivi totali e settoriali al 2020,  incluse le quantità previste di trasferimenti statistici e di progetti comuni.
Per l'Italia il Piano è stato elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico con l'accordo del Ministero dell'Ambiente e del Ministero per le Politiche Agricole, alimentari e forestali e con il supporto del GSE.
Tornando al Rapporto in oggetto, emerge che al 22 gennaio 2012 risultano in esercizio 12.737 MW fotovoltaici, oltre 4.000 MW in più rispetto agli 8.000 inizialmente previsti dal PAN. Tuttavia le recenti modifiche del quadro legislativo e regolatorio, che hanno aggiornato gli obiettivi al 2020, fissato a 23.000 MW il target di potenza installata per il fotovoltaico e cambiato i meccanismi di incentivazione del settore, rendono piuttosto incerto il raggiungimento dei target complessivi indicati nel PAN.
Per uno sviluppo delle fonti rinnovabili ordinato ed efficiente è necessario il rispetto di alcuni principi:
- l'applicazione dell'Autorizzazione Unica Regionale, prevista della Legge 387/2003, che prevede un unico provvedimento di autorizzazione sia per l'impianto di produzione sia per le opere di connessione alla rete elettrica, con l'obiettivo di evitare che si creino congestioni sulla rete con conseguenti limitazioni alla produzione rinnovabile;
- l'adozione del provvedimento sul burden sharing, che ripartisce fra le singole regioni gli obiettivi del PAN in modo da poter permettere alle Regioni di adeguare i rispettivi piani energetici;
- l'attuazione di procedure semplificate da parte delle regioni, come previsto dal D.Lgs 28/2011;
- la possibilità da parte dei gestori dei rete di realizzare i necessari sistemi di accumulo in ottemperanza alla legge. Terna ha previsto nel Piano di sviluppo delle rete del 2011 l'installazione di 130 MW di batterie, localizzate nelle province di Foggia, Avellino; salerno e Benevento, che permetteranno di evitare la modulazione di energia prodotta da fonti rinnovabili per circa 230 GWh/anno e forniranno riserva pronta aggiuntiva per circa 410/GWh/anno.
Il Rapporto da rilevante importanza alle Regioni, che rivestono un ruolo fondamentale per raggiungere gli obiettivi indicati dal PAN. L'assenza di un decreto Burden Sharing per la ripartizione fra regioni degli obiettivi del PAN, comporta una situazione di incertezza circa gli obiettivi da conseguire attraverso i Piani Energetici Regionali (PEAR), tanto che ognuna ha fissato i propri obiettivi senza alcun coordinamento con le altro. E' dunque necessario aggiornare i PEAR sulla base di linee guida standardizzate e con cadenza almeno biennale; predisporre un sistema di controllo e verifica dei risultati che preveda sanzioni per le inadempienze, data anche la natura vincolante dell'obiettivo dell'obiettivo nazionale fissato dalla Direttiva per le rinnovabili.
Le Regioni del Mezzogiorno rivestono una parte importante della produzione di energia elettrica da FER, infatti secondo i dati Terna, nel 2010 tali regioni hanno prodotto 19.830 GWh su una produzione nazionale rinnovabile pari a 76.964 GWh, circa un quarto della produzione elettrica da FER nazionale. E' però necessario, per il bene dell'economia del Paese e dell'ambiente, sfruttare al meglio il potenziale esistente e no ancora sviluppato, delle regioni meridionali.
Complessivamente a fine gennaio 2012 attraverso il conto energia sono entrati in esercizio circa 327.000 impianti fotovoltaici per una potenza superiore a 12.700 MW e una spesa annuale per gli incentivi di oltre 5,5 miliardi di euro. Dal 1 gennaio 2013 sarà rimodulato, attraverso un decreto attuativo, il meccanismo di incentivazione per gli impianti di potenza non inferiore a 5 MW, tramite il meccanismo delle aste a ribasso. Gli impianti fotovoltaici continueranno ad essere incentivati con il meccanismo del conto energia. La legge cd "Salva Alcoa" ha spinto le installazioni fotovoltaiche fino al raggiungimento di target di molto superiori a quelli indicati nel PAN già nel 2011. Ciò ha comportato la sospensione dei precedenti sistemi di incentivazione in conto energia e l'attivazione di un nuovo meccanismo istituito con Decreto Ministeriali 5 maggio 2011.
I gestori di rete hanno ricevuto negli ultimi anni richieste di connessione di molto superiori, non solo ai consumi complessivi del Paese, ma anche agli obiettivi indicati nei Piani Energetici Regionali. Poichè non è ipotizzabile che vengano effettivamente realizzati impianti per potenze così elevate, il rischio è che si verifichino prenotazioni di capacità di rete per impianti che non verranno mai realizzati. Per risolvere questa situazione l'Autorità per l'Energia elettrica e il gas con le delibere 125/10 e 187/11, ha previsto una fideiussione obbligatoria a carico del richiedente la connessione in aree critiche di importo proporzionale alla potenza dell'impianto.
La rete di trasmissione nazionale costituisce uno dei fattori cruciali per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Storicamente essa nasce per raccogliere enormi quantità di energia dalle centrali di produzione per poi distribuirla ad un gran numero di clienti-consumatori. In sostanza si tratta di un modello costruito intorno ad un controllo centralizzato, con flussi di potenze unidirezionali e reti passive. Questa visione classica di rete elettrica è ormai in fare di superamento; la rete elettrica non è più solo un canale per trasmettere e distribuire energia elettrica dalle grandi centrali ai clienti finali ma una rete intelligente, ovvero una "smart grid"; una rete comune in grado di fare interagire produttori e consumatori, di determinare in anticipo le richieste di consumo e di adattare con flessibilità la produzione al consumo di energia elettrica.
La definizione e la costruzione di un percorso energetico sostenibile sono indispensabili per ridurre la forte dipendenza energetica dagli altri Paesi, per rispondere adeguatamente agli impegni assunti in sede europea.


venerdì 10 febbraio 2012

IL FOTOVOLTAICO TRA COSTI E BENEFICI IN ATTESA DI UN NUOVO CONTO ENERGIA


L’energia solare fotovoltaica è una fonte inesauribile, gratuita è pulita. Accedere non è difficile. Basta creare un impiantino: dotarsi di un modulo fotovoltaico e di un trasformatore di energia per avere la luce. Ma cosa comporta tutto questo? Quali sono i costi che sosteniamo e quali le ricadute ambientali e sociali in Italia. Seppur in modo sintetico e obbiettivo proviamo a far chiarezza.

Attualmente, il contatore fotovoltaico del GSE stima oltre 330.767 impianti in esercizio, per una potenza pari a 12.808.647 kW. Il dato aggiornato anche in considerazione del territorio di riferimento può essere visualizzato sul portale ATLASOLE. 

Se prendiamo in considerazione il costo annuo da sostenere tramite il meccanismo di incentivazione del conto energia, all’8 febbraio 2012 si sono raggiunti i 5,544 miliardi di euro. Un dato sicuramente al di sopra del costo reale da sostenere in quanto il meccanismo di contabilità fonda il proprio calcolo su stime riferite all’irraggiamento senza considerare eventuali ombreggiamenti degli impianti.  Secondo un comunicato dell’AEEG, nel 2011, secondo i dati di preconsuntivo, gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate finanziati attraverso le bollette sono stati di circa 7,9 miliardi di euro. Di questi, 1,3 sono riferiti alle “assimilate Cip6”, 1,3 ai certificati verdi, e 4 miliardi al fotovoltaico che ha visto aumentare del 440% la potenza installata, cresciuta da 2.800 a 12.400 MW nell’anno. Il restante 1,3 agli altri strumenti incentivanti (tariffa fissa onnicomprensiva, Cip6 per le fonti rinnovabili, scambio sul posto). Nel 2012, l’insieme di tali incentivazioni è destinato ad arrivare a circa 10,5 miliardi di euro, di cui circa 1,3 riferiti alle fonti assimilate Cip6, 1,8 per i certificati verdi, 5,9 per il fotovoltaico e i restanti 1,4 per gli altri strumenti incentivanti. 
Per quanto riguarda i costi del fotovoltaico, dobbiamo tener conto che l’incentivo viene riconosciuto per venti anni. Quindi la durata del costo sostenuto per un impianto non è per tutta la vita. Inoltre, le stime di EPIA (The European Photovoltaic Industry Association) e lo studio “European Renewable Energy Network”, commissionato dal Parlamento europeo a Ludwig Boelkow Systemtechnik (Lbst), Hinicio, Centre for European Policy Studies (Ceps) e Technical Research Centre of Finland (Vtt), a tal riguardo ci indicano che entro il 2015 in Italia, e prima delle altre nazioni europee, si raggiungerà la grid parity, ovvero quanto l’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico avrà lo stesso prezzo dell’energia convenzionale. A determinare questo risultato sarà soprattutto la riduzione dei costi per la realizzazione degli impianti fotovoltaici che in questa fase è scesa sotto i 1500 euro kWp, e l’incremento dei prezzi per l’acquisto dell’energia.

Dal punto di vista dei benefici ci sono molti aspetti da considerare. Secondo l’Irex Annual Report 2011, uno studio realizzato da Althesys, emerge che solamente nel 2011 gli investimenti sostenuti nel fotovoltaico hanno superato i 2,8 miliardi di euro. Oltre il 70% del reddito generato dal settore rimane in Italia. Secondo il Gifi, su dati Nomisma dal 2002 al 2010 nel settore fotovoltaico hanno trovato occupazione diretta e indiretta oltre 100000 persone per una età media < di 35 anni. Oltre ai dati sugli investimenti e sull’occupazione emerge un quadro interessante se valutiamo gli aspetti fiscali che il settore genere. Nel solo 2010 gli introiti per le casse dello Stato ammontano a quasi 4 miliardi di euro.

Figura 1 - Distribuzione del reddito generato da un impianto FV da 1 MW in 25 anni








Fonte: GIFI

Altro dato che non possiamo trascurare riguarda la capacità del fotovoltaico di coprire parte del fabbisogno energetico italiano in particolare nei periodi estivi. I dati diffusi  da Terna nel Bilancio dell’energia elettrica, mostrano come nel mese di ottobre 2011  il 4,1% dell’energia elettrica richiesta dal Paese pari a 27.436 GWh, è stato coperto dalla produzione di energia da fotovoltaico. L’importanza di tale dato non va valutata solamente per la capacità di copertura del fabbisogno nazionale energetico, ma in particolare per gli effetti che la penetrazione dell’energia fotovoltaica nel mercato elettrico crea sui meccanismi per la determinazione dei prezzi dell’energia determinando un forte beneficio economico per la collettività. Secondo molti studi, l’immissione dell’energia fotovoltaica nel mercato elettrico, avvenendo in particolare nelle ore giornaliere di massimo consumo energetico determina una riduzione dei costi di acquisto dell’energia. In merito segnaliamo lo studio pubblicato negli approfondimenti del n. 45 della newsletter del GME (Gestore dei Mercati Energetici), “L’impatto della generazione fotovoltaica sullo scenario di mercato 2012”, firmato da Roberto Bianchini, Donatella Bobbio del REF-E Osservatorio Energia. Dallo studio rivolto ai mesi di applicazione del Quarto Conto Energia istituito con il DM del 5 maggio 2011 emerge che nel corso del 2012 ci sarà un incremento di capacità fotovoltaica pari a 2.9 GW. 
 La Figura 2 presenta l’impatto potenziale della nuova capacità fotovoltaica sul fabbisogno coperto da fonti diverse dal fotovoltaico, calcolato su un giorno feriale estivo a campione (2 luglio 2012). Complessivamente la riduzione è stimata pari a 62 GWh nell’arco delle 24 ore su un fabbisogno complessivo ante riduzione da produzione fotovoltaica di 1007.9 GWh.

Figura 2 – Profilo fabbisogno giorno feriale estivo (GW).












Fonte: elaborazione REF – E

Il forte incremento di produzione fotovoltaica nel corso del pros¬simo anno e la concentrazione della stessa nelle ore di alto carico, potrà avere un impatto molto consistente sul PUN (Prezzo Unico Nazionale) su MGP (Mercato del giorno prima). Rispetto allo scenario ipotizzato, in assenza di riduzione di fabbisogno MGP, il prezzo in esito alla stima vede una riduzione massima del prezzo peakload su MGP fino al 50% nei mesi di giugno e luglio, fino al 30% a maggio, il 40% ad agosto e dal 5% al 10% ad aprile e settembre; nei mesi invernali l’impatto potrà essere meno significativo.

Infine se valutiamo l’aspetto della sostenibilità ambientale possiamo subito affermare che il modulo e la componentistica utilizzata per realizzare un impianto fotovoltaico è per il 99% riciclabile. Quindi nessun problema si pone dopo il loro utilizzo, 25 anni, per lo smaltimento. Se consideriamo la riduzione delle emissioni, uno studio del Gifi (Gruppo Imprese Fotovoltaico Italiane) ha calcolato che con una produzione di 12.600 GWh annui, generati da 10,7 GWp di impianti in esercizio a fine agosto 2011, si è evitato di rilasciare nell’atmosfera ben 6,3 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
Al di la delle osservazioni esposte, dove ognuno può trarre proprie considerazioni, magari anche aggiungendo altre riflessioni pare chiarirsi un aspetto importante per il fotovoltaico: il suo sviluppo genera per il territorio una mole di benefici ambientali, sociali ed economici che avranno conseguenze positive nel tempo con dei costi che la collettività deve sostenere, solamente per alcuni anni tendenzialmente a ridursi dal momento in cui verrà venga raggiunta la grid parity.
Per tali motivi si rende necessario dare permanenza al meccanismo di incentivazione del conto energia. Infatti solamente la sua continuità, seppur calibrata ad interventi funzionali (costruzione e sostituzione di coperture e pareti per edifici, serre, strutture per parcheggi o altre tipologie di applicazioni,) fino al raggiungimento della grid parity potrà garantire l’introduzione nel sistema economico e sociale dei benefici innanzi esposti che nel caso di interruzione del giusto sostegno potrebbero renderli vani con tutti gli sforzi finora sostenuti.

Attualmente gli incentivi previsti dal quarto conto energia, ai sensi dell’articolo 1, comma 2 del DM del 5 maggio 2011, si applicano agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, per un obiettivo indicativo di potenza installata a livello nazionale di circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro. E’ facile notare dal contatore del GSE l’avvicinamento al costo indicativo cumulato annuo: mancano poco più di 450 milioni di euro e dobbiamo tener presente che da tale valore andranno incentivati gli impianti iscritti al registro che devono entrare in esercizio. All’articolo 2, comma 3 del DM 5 maggio 2011, viene chiarito che al raggiungimento del minore dei valori di costo indicativo cumulato annuo di cui all'art. 1, comma 2, con Decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, possono essere riviste le modalità di incentivazione di cui al presente decreto, favorendo in ogni caso l'ulteriore sviluppo del settore.

Il provvedimento, seppur indica la possibilità di rivedere le modalità di incentivazione per favorire l’ulteriore sviluppo del fotovoltaico, non indica chiaramente cosa accadrà a breve quando sarà raggiunto il valore minimo del costo indicativo anno. Un chiarimento che si renderà sempre più necessario da parte del legislatore per evitare di aggravare la situazione esistente e dare certezza non solo agli operatori del settore ma anche alla volontà di non voler interrompere un cammino virtuoso ormai giunto quasi alla sua maturità.

Pasquale Stigliani

giovedì 2 febbraio 2012

DECRETO 20 gennaio 2012 Parametri tecnici relativi alla gestione degli pneumatici fuori uso.

E' stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 1 febbraio il decreto del ministero dell'ambiente e del territorio che stabilisce una serie di parametri per l'individuazione, da parte del Comitato di gestione, degli pneumatici fuori uso (Pfu) provenienti dai veicoli fuori uso, del contributo per la copertura e la gestione degli pneumatici dei veicoli a fine vita (gestione intesa come "le attività per assicurare, anche in forma indiretta, la raccolta, il trasporto, la selezione, il recupero e lo smaltimento degli Pfu, nonché l'attività di controllo sulle predette operazioni").
Il decreto 11 aprile 2011, n. 82, recante il ‘Regolamento per la gestione degli pneumatici fuori uso (pfu)’ (ai sensi dell'articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e integrazioni) mira a ottimizzarne il recupero a tutela dell'ambiente. Ma anche a contrastare il traffico illegale di questo tipo di rifiuto e il fenomeno, purtroppo molto diffuso in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, delle discariche abusive. Secondo il provvedimento spetterà ai produttori e agli importatori di pneumatici garantire la gestione di pfu per una quota corrispondente a quanto immesso sul mercato nell’anno solare precedente. Inoltre individua chi sono i responsabili della gestione; come verranno determinate le quantità da gestire e i relativi contributi economici; chi riscuote i contributi ambientali e le modalità ripartire i costi di gestione; chi sono gli organi deputati al controllo e le sanzioni in caso di inadempienze. L’obiettivo del 100% di raccolta e recupero sarà raggiunto per gradi: il decreto stabilisce infatti per il 2011 una percentuale di recupero pari al 25% del quantitativo immesso nel 2010, che crescerà all’80% entro il 2012 e raggiungerà il 100% soltanto nel 2013. Tale compito potrà essere svolto anche tramite ‘strutture associate’. Il sistema sarà sostenuto grazie a un ‘contributo ambientale’ che i cittadini dovranno versare al momento dell’acquisto di pneumatici nuovi.  
Adesso sono stati individuati i parametri tecnici relativi alla loro gestione.
Dunque, il decreto individua il parametro del valore medio tra il numero di veicoli immatricolati o, per i veicoli non soggetti a immatricolazione, venduti nell'anno solare precedente a quello in cui si determina il contributo e la stima dei veicoli che saranno immatricolati o venduti nell'anno nel quale si determina il contributo per l'anno solare successivo, suddiviso per ciascuna tipologia di pneumatici attribuibili ai veicoli in base. Così come individua il parametro del valore medio tra il numero di veicoli radiati per demolizione o, per i veicoli non soggetti a immatricolazione, demoliti nell'anno solare precedente a quello in cui si determina il contributo e la stima dei veicoli radiati nell'anno nel quale si determina il contributo per l'anno solare successivo, suddiviso per ciascuna tipologia di pneumatici attribuibili ai veicoli in base.
Stabilisce inoltre il parametro del numero medio di pneumatici installati, quello del peso medio pneumatico e quello del quantitativo di pneumatici usati provenienti dalla demolizione dei veicoli a fine vita venduti all'estero per il riutilizzo nell'anno solare precedente a quello in cui si determina il contributo.
Il tutto viene fissato in coerenza con il decreto ministeriale del 2011 (il numero 82) che regolamenta la gestione degli Pfu al fine di ottimizzarne il recupero, prevenire la formazione dei rifiuti e proteggere l'ambiente e che ha individuato Pfu come "particolari categorie di rifiuti" necessitanti di una disciplina specifica e che ha introdotto un sistema basato sulla "responsabilità del produttore", per il quale i produttori e gli importatori di pneumatici vengono obbligati a provvedere alla corretta gestione di un quantitativo di Pfu pari al quantitativo dei pneumatici che immettono sul mercato.

Ma ecco il testo del decreto ministeriale 20 gennaio 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il giorno 1 febbraio 2012.

                         IL MINISTRO DELL'AMBIENTE 
                    E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO 
                             E DEL MARE 

  Visto l'art. 35 del decreto legislativo  30  luglio  1999,  n.  300 sulla «Riforma dell'organizzazione del Governo a norma  dell'art.  11 della legge 15 marzo 1977, n. 59»;
  Visto l'art. 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152,  e successive modifiche e integrazioni,  relativo  alla  gestione  degli pneumatici fuori uso;
  Visto il decreto del Ministero dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e del mare in data  11  aprile  2011  n.  82,  recante  il regolamento per la gestione degli pneumatici fuori uso, previsto  dal secondo comma del citato art. 228;
  Visto l'art. 7 del predetto regolamento, relativo  agli  pneumatici fuori uso derivanti da demolizione dei veicoli a  fine  vita,  ed  in particolare il comma 10, che prevede  che  i  parametri  tecnici  per l'individuazione delle diverse categorie di contributo da  parte  del comitato di cui al comma 2 siano definiti con  decreto  del  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
  Rilevato che, ai sensi  del  medesimo  comma  10  dell'art.  7,  il contributo e' commisurato alla  tipologia  di  pneumatici  a  cui  si riferisce;
  Ritenuto  opportuno,  ai  fini  della  definizione   dei   predetti parametri tecnici e anche per agevolare il controllo circa  l'entita' dei contributi  che  saranno  versati  dai  rivenditori  di  veicoli, mettere  in  relazione  le  diverse  tipologie   di   pneumatici   da assoggettare al contributo, di cui all'allegato E del citato  decreto n. 82 del 2011, con la classificazione dei veicoli di cui all'art. 47 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada);

                              Decreta: 

   Art. 1

  I parametri tecnici per l'individuazione, da parte del Comitato  di gestione degli pneumatici fuori uso  (PFU)  provenienti  dai  veicoli fuori  uso,  del  contributo  per  la  copertura  e  gestione   degli pneumatici dei veicoli a fine vita, sono i seguenti:
      a) Valore medio tra il numero di veicoli immatricolati o, per i veicoli non soggetti ad immatricolazione,  venduti  nell'anno  solare precedente a quello in cui si determina il contributo e la stima  dei veicoli che saranno immatricolati o venduti nell'anno  nel  quale  si determina il contributo per l'anno solare successivo,  suddiviso  per ciascuna tipologia di pneumatici attribuibili ai veicoli in base alla tabella di cui all'art. 2. Le informazioni relative  ai  veicoli  non soggetti ad immatricolazione venduti  sono  fornite  al  Comitato  di gestione  degli  PFU  provenienti  dai  veicoli   fuori   uso   dalle Associazioni dei produttori dei veicoli;
      b)  Valore  medio  tra  il  numero  di  veicoli   radiati   per demolizione o,  per  i  veicoli  non  soggetti  ad  immatricolazione, demoliti nell'anno solare precedente a quello in cui si determina  il contributo e la stima dei veicoli  radiati  nell'anno  nel  quale  si determina il contributo per l'anno solare successivo,  suddiviso  per ciascuna tipologia di pneumatici attribuibili ai veicoli in base alla tabella di cui all'art. 2. Le informazioni relative  ai  veicoli  non soggetti ad immatricolazione demoliti sono  fornite  al  Comitato  di gestione  degli  PFU  provenienti  dai  veicoli   fuori   uso   dalle Associazioni dei demolitori dei veicoli;
      c) Numero medio  di  pneumatici  installati  per  veicolo,  per ciascuna tipologia di pneumatici attribuibili ai veicoli in base alla tabella  di  cui  all'art.  2.   Le   informazioni   necessarie   per l'individuazione di detto numero medio sono fornite  al  Comitato  di gestione  degli  PFU  provenienti  dai  veicoli   fuori   uso   dalle
Associazioni dei produttori dei veicoli;
      d) Peso medio pneumatico, per ciascuna tipologia di  pneumatici attribuibili ai veicoli in base alla tabella di cui  all'art.  2.  Le informazioni necessarie per  l'individuazione  del  peso  medio  sono fornite al Comitato di gestione degli  PFU  provenienti  dai  veicoli fuori uso dalle Associazioni dei produttori dei veicoli;
      e)  Quantitativo  di   Pneumatici   usati   provenienti   dalla demolizione dei  veicoli  a  fine  vita  venduti  all'estero  per  il riutilizzo nell'anno solare precedente a quello in cui  si  determina il contributo. Le informazioni  necessarie  per  l'individuazione  di detto quantitativo sono fornite al Comitato  di  gestione  degli  PFU provenienti dai veicoli fuori uso dalle Associazioni  dei  demolitori dei veicoli.


 Art. 2

  Le tipologie di  pneumatici  di  cui  all'allegato  E  del  decreto ministeriale n. 82 del 2011 sono correlati alle tipologie di  veicoli di cui all'art. 47 del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285 (codice della strada) secondo la seguente tabella:




Tipologie pneumatici All. E D.M 82/2011
Pesi min-max (in chilogrammi)
Veicoli utilizzatori classificati secondo le categorie di cui all’art. 47 d.lgs 285/1992 (Codice della strada)
A
A1 (2 – 8)
Categorie L1, L2,L3,L4,L5,O1
B
B1 (6 – 18)
Categorie M1, M2, O2, N1
C
C1 (20 – 40)
C2 (41 – 70)
Categorie M2, M3, N2, N3, O3, 04
D
D0 (<4)
D1 (4 – 20)
D2 (21 – 40)
D3 (41–  70)
D4 (71 – 130)  
D5 (131 – 200)
D6(>200)

Macchine agricole, macchine operatrici, macchine industriali

 Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 
    Roma, 20 gennaio 2012 

                                                   Il Ministro: Clini 






   


I


DIRETTIVA 2011/92/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 dicembre 2011 concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (codificazione)


La direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale (Via) di determinati progetti pubblici e privati - procedura che valuta preventivamente l'impatto sull'ambiente - risale al 1985, ma la direttiva nel corso degli anni ha subito diverse e sostanziali modificazioni. Quindi per motivi di chiarezza e di razionalizzazione l'UE ha deciso di procedere alla sua codificazione con la Direttiva 2011/92/UE pubblicata il 28 gennaio scorso .
La nuova direttiva sostituisce, incorpora e inoltre preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione e pertanto non fa altro che riunirli apportando unicamente le modifiche formali necessarie ai fini dell'opera di codificazione.
La direttiva entrerà in vigore dopo venti giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea senza pregiudicare gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive che hanno modificato quella del 1985 (ossia la 97/11/CE che prevede criteri più specifici per la Via; la 2003/35/CE che prevede la partecipazione al pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e inserisce nell'ambito della direttiva dell'85 le definizioni di pubblico e pubblico interessato; la 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio).
A norma dell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea la politica dell’Unione nel settore dell’ambiente è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, anzi­tutto alla fonte, dei danni recati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga», per cui secondo la direttiva, in tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si dovrebbe tener su­bito conto delle eventuali ripercussioni sull’ambiente.

La normativa dell'Unione in materia di ambiente contiene disposizioni che consentono alle autorità pubbliche e altri organismi di adottare delle decisioni che possono avere effetti significativi sull'ambiente oltre che sulla salute e sul benessere delle persone.
Quindi, stabilisce principi generali di valutazione dell'impatto ambientale allo scopo di completare e coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente. Tale valutazione andrebbe fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente ed eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico interessato dal progetto.
Però non tutti i progetti sono sottoposti a Via obbligatoriamente. Quelli appartenenti a determinate classi che hanno ripercussioni di rilievo sull'ambiente devono essere per principio sottoposti a una valutazione sistematica. Altri invece appartenenti ad altre classi che non hanno necessariamente ripercussioni di rilievo sull'ambiente in tutti i casi sono sottoposti a una valutazione qualora gli Stati membri ritengano che possano influire in modo rilevante sull'ambiente.
Quindi gli effetti di un progetto sull'ambiente dovrebbero essere valutati per tenere in conto l'esigenza di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita.
In tale contesto, l'effettiva partecipazione del pubblico - compresa quella di associazioni, organizzazioni e gruppi, e segnatamente di organizzazioni non governative - all'adozione di decisioni consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione.l 25 giugno 1998 la Comunità europea ha sottoscritto la convenzione UN/ECE sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’ac­cesso alla giustizia in materia ambientale («convenzione di Aarhus»), ratificata il 17 febbraio 2005. Tra gli obiettivi della convenzione di Aarhus vi è il de­siderio di garantire il diritto di partecipazione del pub­blico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle per­sone.
Ciò accresce la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno alle decisioni adottate. 
Negli allegati I e II la Direttiva in oggetto elenca i progetti che devono o potrebbero essere sottoposti a VIA. Tra i primo troviamo i progetti riguardanti raffinerie di petrolio, centrali termiche, centrali nucleari, impianti riguardanti diverse attività, tra cui lo smaltimento, del combustibile nucleare irradiato o dei rifiuti radioattivi, ecc. La direttiva prevede però che su tali progetti,gli Stati membri, in casi eccezio­nali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva. La normativa nazionale ha recepito alla lettera le precedenti direttive per cui non è difforme da quanto disposto la direttiva di codifica della disciplina di valutazione di impatto ambientale.Resta fermo però il dubbio sulla possibilità di derogare in casi eccezionali alla disciplina sulla VIA, poichè non sono chiari quali siano tali casi e in cosa consista la eccezionalità.

Per consultare il testo della Direttiva clicca qui

lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.