domenica 21 luglio 2013


“Disastro ambientale”.

Il dlgs. 152/2006 non contiene fattispecie volte a incriminare le ipotesi più gravi di inquinamento ambientale, per cui per perseguire condotte illecite di eccezionale gravità (es. massiccia contaminazione di siti mediante accumulo sul territorio e sversamento nelle acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi, oppure nei casi più conosciuti quali la nube tossica di Seveso, inquinamento causato dal petrolchimico di Marghera, caso Ilva di taranto) si ricorre a disposizioni del codice penale, altrimenti tali condotte rimarrebbero prive di sanzioni. Tra le varie norme codicistiche ha trovato applicazione il disastro c.d. innominato, art. 434 e 449 c.p. nelle forme rispettivamente dolosa e colposa. L’art. 434 c.p. ha la funzione di norma complementare e di chiusura dei delitti contro la pubblica incolumità “dei delitti di comune pericolo mediante violenza” e incrimina “chiunque fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare i crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro…se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità”. La pena nell’ipotesi dolosa è della reclusione da uno a cinque anni, da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene. L’ipotesi colposa è punita con la reclusione da 1 a 5 anni.

Dottrina.

Una parte della dottrina non ritiene che il disastro ecologico abbia le caratteristiche strutturali del disastro innominato, infatti quest’ultimo richiederebbe una condotta violenta di carattere istantaneo e non sarebbe applicabile ad un bene quale l’ambiente a consistenza indeterminata e immateriale diverso dal bene della pubblica incolumità protetto dall’art. 434 c.p.  

Carlo Ruga Riva sostiene invece che la violenza, intesa come condotta non fraudolenta caratterizzata dall’impiego di energia fisica  è compatibile con talune modalità di disastro ecologico caratterizzate dalla reiterazione di condotte che a distanza di tempo concretino un inquinamento di dimensioni straordinarie (accumuli prolungati di rifiuti pericolosi con inquinamento della falda acquifera in zona abitata). Essendo “l’ambiente tutelato non in sé, ma nelle sue componenti (aria, acqua, suolo) spesso strumentale alla tutela della salute umana, nel reato in esame il referente offensivo dovrà essere ricercato nelle diverse definizioni di inquinamento e nei loro effetti sulla salute delle persone”.

Condotta ed evento, pur essendo gli elementi costitutivi di un unico fatto rilevante possono essere temporaneamente distanti come peraltro ribadito nella vicenda del Petrolchimico di Marghera. Il disastro innominato non comprende solo eventi di grande immediata evidenza che si verificano in un arco di tempo ristretto, ma anche quelli non immediatamente percepibili, che possono realizzarsi i un arco di tempo molto prolungato e che pure producono effetti tali da poter affermare l’esistenza di una lesione della pubblica incolumità.

Giurisprudenza.

Luca Ramacci ritiene che la giurisprudenza di legittimità  abbia invece considerato in più occasioni la figura del disastro ambientale  non manifestando alcuna incertezza circa la sua astratta configurabilità.

Cass. Sez. I n. 40330/2006 illecito smaltimento di rifiuti effettuato con modalità tali da porre in pericolo la pubblica incolumità. Al fine della configurabilità del disastro ambientale colposo è necessario “un evento di danno o di pericolo per la pubblica incolumità straordinariamente grave e complesso, bastando che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo collettivamente un numero indeterminato di persone e che l’eccezionalità della dimensione dell’evento desti un senso di allarme, senza che il fatto abbia direttamente prodotto la morte o lesioni di persone, ben potendo colpire anche le cose, purché dalla rovina di queste effettivamente insorga un pericolo grave per la salute collettiva. La Corte inoltre rileva come la nozione di disastro ambientale e di danno ambientale si identificano quando l’attività di contaminazione di siti destinati ad insediamenti abitativi o agricoli con sostanze pericolose per la salute umana assuma connotazioni di durata, ampiezza e intensità tale da risultare in concreto straordinariamente grave e complessa, mentre non è necessaria la prova di immediati effetti lesivi sull’uomo.

Cass. Sez. III n. 9418/1988  massiccia contaminazione di siti mediante accumulo sul territorio e sversamento nelle acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi. Il disastro ambientale “comporta un danno, o un pericolo di danno, ambientale di eccezionale gravità non necessariamente irreversibile, ma certamente no riparabile con le normali opere di bonifica. La tesi difensiva aveva escluso la sussistenza degli elementi materiali del reato di disastro innominato in ragione della mancata verifica dell’impossibilità di bonifica che avrebbe rappresentato l’elemento distintivo tra disastro e danno ambientale.    

Cass. Sez. n. 46189/2011 nel definire il delitto di disastro innominato come reato di pericolo a consumazione anticipata, che si perfeziona con la condotta di immutatio loci, idonea a mettere in pericolo l’ambiente, lo stesso si realizza “quando il pericolo concerne un danno ambientale di eccezionale gravità, seppure con effetti non necessariamente irreversibili qualora venga a verificarsi, in quanto il danno provocato potrebbe pur sempre essere riparabile con opere di bonifica”. L’esigenza di bonifica non potrà di per sé rappresentare prova del disastro, essendo conseguenza possibile di ogni contravvenzione in tema di acque, aria e rifiuti. L’assenza di inquinamento attuale idoneo a far scattare l’obbligo di bonifica sembra certificare una situazione non disastrosa. Comunque la reiterazione delle condotte ed una precedente condanna per il medesimo delitto sono state ritenute dimostrative della consapevolezza, in capo all’imputato, del pericolo per la pubblica incolumità derivante dalla sua condotta, concretatasi nella reiterata, abusiva attività estrattiva da una cava con alterazione d corsi d’acqua, inondazioni, infiltrazioni, instabilità ambientale e pregiudizio per la dinamica costiera.

  

La Corte Costituzionale nella sent. 327/2008 fornisce una interpretazione che consente di salvare la fattispecie di disastro innominato da censure di illegittimità per contrasto con il principio di determinatezza pertanto i “veri” disastri ecologici sono assimilabili nella fattispecie di crollo di costruzione o ad altro disastro, a patto che si interpreti come accadimento di dimensioni straordinarie atto a produrre “effetti dannosi gravi, complessi ed estesi” idoneo a causare un pericolo per la vita o per l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone.  

La sentenza termina “è tuttavia auspicabile che talune delle fattispecie attualmente ricondotte, con soluzioni interpretative non sempre scevre da profili problematici, al paradigma punitivo del disastro innominato –e tra esse l’ipotesi del disastro ambientale ”formino oggetto di autonoma considerazione da parte del legislatore penale, anche nell’ottica dell’accresciuta attenzione alla tutela ambientale ed a quella dell’integrità fisica e della salute, nella cornice di più specifiche figure criminose”.


Rosanna Carbotti

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