“Disastro ambientale”.
Il dlgs. 152/2006 non contiene
fattispecie volte a incriminare le ipotesi più gravi di inquinamento ambientale,
per cui per perseguire condotte illecite di eccezionale gravità (es. massiccia
contaminazione di siti mediante accumulo sul territorio e sversamento nelle
acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi, oppure
nei casi più conosciuti quali la nube tossica di Seveso, inquinamento causato
dal petrolchimico di Marghera, caso Ilva di taranto) si ricorre a disposizioni
del codice penale, altrimenti tali condotte rimarrebbero prive di sanzioni. Tra
le varie norme codicistiche ha trovato applicazione il disastro c.d. innominato,
art. 434 e 449 c.p. nelle forme rispettivamente dolosa e colposa. L’art. 434
c.p. ha la funzione di norma complementare e di chiusura dei delitti contro la
pubblica incolumità “dei delitti di comune pericolo mediante violenza” e
incrimina “chiunque fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti,
commette un fatto diretto a cagionare i crollo di una costruzione o di una
parte di essa ovvero un altro disastro…se dal fatto deriva pericolo per la
pubblica incolumità”. La pena nell’ipotesi dolosa è della reclusione da uno a
cinque anni, da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene. L’ipotesi
colposa è punita con la reclusione da 1 a 5 anni.
Dottrina.
Una parte della dottrina non
ritiene che il disastro ecologico abbia le caratteristiche strutturali del disastro
innominato, infatti quest’ultimo richiederebbe una condotta violenta di
carattere istantaneo e non sarebbe applicabile ad un bene quale l’ambiente a
consistenza indeterminata e immateriale diverso dal bene della pubblica
incolumità protetto dall’art. 434 c.p.
Carlo Ruga Riva sostiene invece che
la violenza, intesa come condotta non fraudolenta caratterizzata dall’impiego di
energia fisica è compatibile con talune
modalità di disastro ecologico caratterizzate dalla reiterazione di condotte
che a distanza di tempo concretino un inquinamento di dimensioni straordinarie
(accumuli prolungati di rifiuti pericolosi con inquinamento della falda
acquifera in zona abitata). Essendo “l’ambiente tutelato non in sé, ma nelle
sue componenti (aria, acqua, suolo) spesso strumentale alla tutela della salute
umana, nel reato in esame il referente offensivo dovrà essere ricercato nelle
diverse definizioni di inquinamento e nei loro effetti sulla salute delle
persone”.
Condotta ed evento, pur essendo
gli elementi costitutivi di un unico fatto rilevante possono essere temporaneamente
distanti come peraltro ribadito nella vicenda del Petrolchimico di Marghera. Il
disastro innominato non comprende solo eventi di grande immediata evidenza che
si verificano in un arco di tempo ristretto, ma anche quelli non immediatamente
percepibili, che possono realizzarsi i un arco di tempo molto prolungato e che
pure producono effetti tali da poter affermare l’esistenza di una lesione della
pubblica incolumità.
Giurisprudenza.
Luca Ramacci ritiene che la giurisprudenza
di legittimità abbia invece considerato
in più occasioni la figura del disastro ambientale non manifestando alcuna incertezza circa la
sua astratta configurabilità.
Cass. Sez. I n. 40330/2006
illecito smaltimento di rifiuti effettuato con modalità tali da porre in
pericolo la pubblica incolumità. Al fine della configurabilità del disastro
ambientale colposo è necessario “un evento di danno o di pericolo per la
pubblica incolumità straordinariamente grave e complesso, bastando che il
nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo
collettivamente un numero indeterminato di persone e che l’eccezionalità della
dimensione dell’evento desti un senso di allarme, senza che il fatto abbia
direttamente prodotto la morte o lesioni di persone, ben potendo colpire anche
le cose, purché dalla rovina di queste effettivamente insorga un pericolo grave
per la salute collettiva. La Corte inoltre rileva come la nozione di disastro
ambientale e di danno ambientale si identificano quando l’attività di
contaminazione di siti destinati ad insediamenti abitativi o agricoli con
sostanze pericolose per la salute umana assuma connotazioni di durata, ampiezza
e intensità tale da risultare in concreto straordinariamente grave e complessa,
mentre non è necessaria la prova di immediati effetti lesivi sull’uomo.
Cass. Sez. III n. 9418/1988 massiccia contaminazione di siti mediante
accumulo sul territorio e sversamento nelle acque di ingenti quantitativi di rifiuti
speciali altamente pericolosi. Il disastro ambientale “comporta un danno, o un
pericolo di danno, ambientale di eccezionale gravità non necessariamente
irreversibile, ma certamente no riparabile con le normali opere di bonifica. La
tesi difensiva aveva escluso la sussistenza degli elementi materiali del reato
di disastro innominato in ragione della mancata verifica dell’impossibilità di
bonifica che avrebbe rappresentato l’elemento distintivo tra disastro e danno
ambientale.
Cass. Sez. n. 46189/2011 nel
definire il delitto di disastro innominato come reato di pericolo a consumazione
anticipata, che si perfeziona con la condotta di immutatio loci, idonea a
mettere in pericolo l’ambiente, lo stesso si realizza “quando il pericolo
concerne un danno ambientale di eccezionale gravità, seppure con effetti non
necessariamente irreversibili qualora venga a verificarsi, in quanto il danno
provocato potrebbe pur sempre essere riparabile con opere di bonifica”. L’esigenza
di bonifica non potrà di per sé rappresentare prova del disastro, essendo
conseguenza possibile di ogni contravvenzione in tema di acque, aria e rifiuti.
L’assenza di inquinamento attuale idoneo a far scattare l’obbligo di bonifica
sembra certificare una situazione non disastrosa. Comunque la reiterazione
delle condotte ed una precedente condanna per il medesimo delitto sono state
ritenute dimostrative della consapevolezza, in capo all’imputato, del pericolo
per la pubblica incolumità derivante dalla sua condotta, concretatasi nella
reiterata, abusiva attività estrattiva da una cava con alterazione d corsi d’acqua,
inondazioni, infiltrazioni, instabilità ambientale e pregiudizio per la dinamica
costiera.
La Corte Costituzionale nella
sent. 327/2008 fornisce una interpretazione che consente di salvare la
fattispecie di disastro innominato da censure di illegittimità per contrasto
con il principio di determinatezza pertanto i “veri” disastri ecologici sono
assimilabili nella fattispecie di crollo di costruzione o ad altro disastro, a
patto che si interpreti come accadimento di dimensioni straordinarie atto a
produrre “effetti dannosi gravi, complessi ed estesi” idoneo a causare un
pericolo per la vita o per l’integrità fisica di un numero indeterminato di
persone.
La sentenza termina “è tuttavia
auspicabile che talune delle fattispecie attualmente ricondotte, con soluzioni
interpretative non sempre scevre da profili problematici, al paradigma punitivo
del disastro innominato –e tra esse l’ipotesi del disastro ambientale ”formino
oggetto di autonoma considerazione da parte del legislatore penale, anche nell’ottica
dell’accresciuta attenzione alla tutela ambientale ed a quella dell’integrità
fisica e della salute, nella cornice di più specifiche figure criminose”.
Rosanna Carbotti